venerdì 15 novembre 2024
Secondo Congiuntura flash del Centro studi di Confindustria, nei primi 9 mesi del 2024 la produzione industriale italiana è scesa del -3,3% rispetto allo stesso periodo del 2023
Industria ancora in difficoltà, affossata da moda e automotive
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L’ennesima conferma della difficoltà dell’industria italiana è arrivata dai dati diffusi dalla Congiuntura flash del Centro studi di Confindustria, secondo cui l’economia italiana, che si è fermata nel terzo trimestre, è sostenuta nel quarto trimestre (in lieve ripartenza) solo da servizi e taglio dei tassi. Resta negativo l’export a causa della debolezza dell’Eurozona e dell’incerto scenario globale. Nei primi 9 mesi del 2024 la produzione industriale italiana è scesa del -3,3% rispetto allo stesso periodo del 2023, con un marcato calo nel 1° trimestre (-1,4% congiunturale), che si è poi attenuato progressivamente verso la fine della primavera (-0,9% nel 2°). Nonostante ciò, i dati del 3° trimestre sono rimasti negativi, con un’ulteriore riduzione di -0,6%. Per i prossimi mesi le prospettive sono legate al recupero di consumi e investimenti in Italia e in Europa che avverrà, secondo l’analisi, grazie alla lenta risalita del reddito disponibile e al taglio dei tassi.

La CIG ordinaria nella manifattura è aumentata di circa il 50% rispetto ai primi tre trimestri dello scorso anno. Il PMI manifatturiero, che si era avvicinato alla soglia neutrale in estate (49,4 in agosto) è poi tornato a scendere fino al 46,9 in ottobre. La fiducia delle imprese manifatturiere è debole da circa un anno, su valori modesti e in leggero calo di recente (85,8 ad ottobre, da 86,6). Ancora in lieve calo le attese sugli ordini nella manifattura (saldo delle risposte a 1,3 in ottobre, da 1,8 a settembre; era a 2,3 a luglio). A penalizzare il tutto c’è il caro-energia: i prezzi delle materie prime utilizzate da vari settori manifatturieri sono rimasti alti, anche dopo la fine dell’impennata delle quotazioni del 2021-2022. Ciò accade soprattutto per l’energia in Europa, che penalizza la competitività delle imprese italiane, non solo nei settori più “energivori”.

In generale, nel 3° trimestre 2024 l’export italiano si è ridotto ulteriormente (-0,6% a prezzi costanti), mentre l’import ha fatto segnare una parziale ripresa (+0,9%) dopo 2 trimestri in contrazione. A ottobre continuano i segnali negativi per l’export dai giudizi sugli ordini esteri: pesa la debolezza dell’Eurozona e della Germania in particolare. Il commercio mondiale, invece, continua a crescere (+0,7% a luglio-agosto sul 2°), anche se le prospettive sono in leggero peggioramento (48,3 il PMI a ottobre).


Pochi i settori cresciuti nel 2024: altri mezzi di trasporto (che includono gli armamenti) e riparazioni/installazioni registrano ampi incrementi (rispettivamente +8,2% e +5,4%), ma anche alimentari e carta crescono (+2,5% e +1,5%). Tengono la raffinazione petrolifera e la chimica. Soffrono tutti gli altri settori, la maggioranza. In particolare, sono in affanno quello automobilistico e quelli del comparto abbigliamento-tessile-pelli. Nei primi 9 mesi del 2024 la produzione dei settori riconducibili alla moda ha subito una forte flessione: -15,1% le pelli (dopo il -9,9% del 2023), -9,5% l’abbigliamento (-2,5%), -5,9% il tessile (-8,2%). Le ore autorizzate di cassa integrazione nel complesso dei tre sotto-settori sono più che raddoppiate, l’export ha registrato un -4,5% nei primi 8 mesi e il fatturato un -9,0% a prezzi correnti. Nel post pandemia, dopo una breve e vivace ripresa, il settore ha cominciato a soffrire (lusso incluso) e le imprese della moda (soprattutto quelle più piccole, ma non solo) hanno visto una diminuzione verticale degli ordini, merce accantonata nei magazzini e conseguente stallo nella produzione, fino ad arrivare alla forte contrazione iniziata nel 2° semestre 2023, che non sembra arrestarsi. In prospettiva, non si vedono molti segnali positivi: le guerre in Medio Oriente e tra Russia-Ucraina, la frenata in Germania e nell'import cinese raffreddano mercati cruciali per il settore; la fiammata inflazionistica ha lasciato i prezzi finali più alti.

Calo vertiginoso anche per il settore automotive in Italia, con un -19,4% nei primi 9 mesi del 2024 sugli stessi mesi del 2023. In termini tendenziali, a settembre siamo al -32,4%, di cui -42,7% per gli autoveicoli. Il settore auto è uno dei principali della manifattura italiana: pesa per il 6,3% della produzione (13% in Europa, data la stazza del comparto in Germania) e con l’indotto il peso sale ancora: la sua crisi, perciò, impatta molto sull’economia. Quali sono i motivi del crollo produttivo dell’ultimo anno? Secondo Congiuntura flash, il calo della domanda; il cambiamento delle abitudini, specie dei giovani (car sharing, noleggio, etc.); le tendenze demografiche; il prezzo medio delle auto nuove in forte aumento (+3,0% all’anno nel 2018- 2024, contro il +1,6% della core inflation), sulla scia di maggiore tecnologia a bordo e aumento delle dimensioni dei veicoli, ma anche per il rincaro di materie prime ed energia; prezzi troppo alti per le elettriche: in 10 anni, a parità di modello, il costo è maggiore di +15% rispetto all’endotermico; per le elettriche, si aggiunge (ad oggi) la scarsa disponibilità di ricariche e la minore autonomia.

Male anche le costruzioni: la produzione nel settore edile è scesa in agosto (-1,8%) e dal picco di inizio anno è calata del -4,6%. In termini di fatturato, RTT a settembre indica che il settore tiene. In prospettiva, prevarrà, in negativo, la fine degli incentivi, solo in parte compensata dal sostegno derivante dal Pnrr.

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