mercoledì 29 maggio 2013
​Lo ha confermato il ministro Zanonato, mentre si susseguono le riunioni di tecnici dei ministeri competenti per evitare che la nuova offensiva dei magistrati, che indagano da oltre un anno per disastro ambientale e altri reati, provochi la chiusura dell'azienda.
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​Il governo punta a trovare una soluzione per la vicenda dell'Ilva, dopo il sequestro di oltre otto miliardi di euro disposto dal tribunale di Taranto nei confronti della famiglia Riva - che controlla l'azienda siderurgica - entro il 5 giugno, quando le dimissioni del Cda saranno formalizzate in assemblea. Lo ha confermato da Bruxelles il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato, mentre si susseguono le riunioni di tecnici dei ministeri competenti per evitare che la nuova offensiva dei magistrati, che indagano da oltre un anno per disastro ambientale e altri reati, provochi la chiusura dell'azienda, con ricadute sull'occupazione e sulle forniture di acciaio alle industrie italiane. Ilva dà lavoro direttamente a circa 16mila persone, 11mila solo a Taranto.PER I RIVA IPOTESI USCITA DA ILVA "IMPOSTA DAGLI EVENTI"Ma nel frattempo la famiglia Riva, che attraverso Riva Fire controlla Ilva, dopo averla rilevata nel 1996 dallo Stato italiano, sta valutando seriamente l'ipotesi di sfilarsi dalla società, ha detto una fonte a conoscenza del dossier: "Sembra (un'ipotesi) imposta dagli eventi". Il governo, con il premier Enrico Letta che ieri ha presieduto un vertice con i ministri interessati, l'amministratore delegato e il presidente dimissionari di Ilva, Enrico Bondi e Bruno Ferrante, sta valutando varie opzioni per risolvere l'impasse. Ma l'ipotesi principale resta quella del commissariamento di Ilva tramite un apposito decreto. "Oggi di fatto un commissario c'è già, è il custode giudiziario nominato dal tribunale di Taranto (il presidente dell'ordine dei commercialisti Mario Tagarelli, già nominato custode dell'impiato nel luglio 2012, dopo il sequestro di parte dell'Ilva per disastro ambientale), anche se non ha il potere diretto di gestire le attività", dice una fonte governativa. Tagarelli, in quanto custode di oltre l'80% delle azioni Ilva, dorrebbe partecipare all'assemblea del 5 giugno e dunque votare sul nuovo Cda.RUOLO DELLE BANCHE ANCORA DA CHIARIRE"Il commissariamento, per cui servirebbe un decreto, comunque non sarebbe una vera soluzione, perché poi per applicare le prescrizioni dell'Autorizzazione integrata ambientale servono gli investimenti e dunque i soldi. Però la nomina servirebbe intanto a uscire dalla situazione attuale". Secondo la fonte vicina al dossier, l'ipotesi è quella di un commissariamento, con l'ingresso delle banche creditrici nella proprietà, secondo uno schema che verrebbe predisposto dallo stesso Bondi.Ieri il quotidiano "Il Messaggero" ha scritto che il sistema bancario guarda con preoccupazione all'evoluzione della situazione del gigante italiano dell'acciaio, che avrebbe aperto linee di credito per 3,7 miliardi di euro, utilizzate per 2,3 miliardi. Per il momento la banca d'Italia non ha fornito alcun commento sul reportage.Il bilancio 2011 di Ilva, l'ultimo finora disponibile, indica in 2,9 miliardi di euro i debiti finanziari, mentre l'anno si era chiuso con una perdita netta di 35,5 milioni. La fonte vicina al dossier definisce l'azienda "sana... con un indebitamento sotto controllo".Sempre ieri un altro quotidiano, il Corriere del Mezzogiorno, ha scritto di una cordata per rilevare Ilva con le banche che hanno finanziamenti aperti, alcuni imprenditori e la Cassa Depositi e Prestiti. Una fonte governativa ha definito l'ipotesi "possibile". La Cdp però interviene per statuto in aziende in utile, e nel settore delle infrastrutture in particolare, e una fonte sentita da Reuters ha detto di non aver mai sentito parlare di una tale ipotesi.Altre due fonti governative hanno confermato che il commissariamento per decreto è tra le opzioni in gioco, ma che la decisione deve essere ancora assunta dal governo, e che l'obiettivo resta sempre quello di conciliare "capacità produttiva e salvaguardia dell'ambiente".Sul tavolo c'è anche l'ipotesi dell'amministrazione controllata dell'azienda, prevista dalla legge 231 del 2012, la cosiddetta Salva-Ilva, che però si applica a tutti i siti industriali di interesse nazionale. La misura scatta nel caso in cui la proprietà ostacoli gli interventi di bonifica ambientale previsti dall'Aia. Prima di allora, invece, sono previste sanzioni che possono arrivare al 10% del fatturato. Ilva però afferma di rispettare le indicazioni - anche se secondo gli ispettori dell'Ispra e lo stesso garante dell'impianto ci sono diversi ritardi - e la fonte a conoscenza del dossier dice che poco prima del sequestro preventivo ordinato dalla magistratura "era già pronto il piano industriale". Diverse stime indicano in almeno 4 miliardi il costo del risanamento ambientale dello stabilimento industriale. "Il problema è che la legge 231 andava benissimo per sottrarre l'Ilva al sequestro disposto dalla magistratura, ma non va altrettanto bene per risolvere questo genere di problemi, ora", ha detto una fonte governativa. "Il governo comunque sta cercando una linea non conflittuale con gli altri poteri dello Stato", dunque con la magistratura.
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