La ripresa dell’Italia corre parallela al rilancio della cooperazione e all’apertura culturale del nostro paese. Lo hanno detto tra gli applausi il capo dello Stato e il presidente del Consiglio ieri a Milano al primo forum della cooperazione organizzato dal ministro Andrea Riccardi al quale ha partecipato anche il ministro degli esteri Giulio Terzi con il presidente del Burkina Faso Compaorè, il Commissario Ue per lo Sviluppo Piebalgs e l’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni. Cooperazione che è strumento sì da riformare e aggiornare, ma resta strategico per contrastare il ripiegamento e la chiusura al resto del mondo globalizzato, una delle cause del declino nostrano. Niente buonismi, però, il nostro è un grande Paese con un imperativo etico di solidarietà. Lo afferma in un videomessaggio il presidente Napolitano, che ne approfitta per ringraziare i nostri "eroi silenziosi" che lavorano nell’universo della cooperazione (quasi 7.000 in 130 Paesi) lontano dai riflettori, affrontando piccole e grandi sfide quotidiane di pace. E a cui «i fatti hanno dato ragione». Il presidente della Repubblica chiede di riportare la cooperazione tra le priorità della politica nazionale perché «è politica estera nel senso più nobile ed elevato della parola». E perciò si augura dal governo risorse «adeguate».Gli fa eco il premier Mario Monti. Che non fa sconti, le risorse arriveranno quando si potrà, ma riconosce alla cooperazione allo sviluppo «un ruolo qualificante per il perseguimento degli obiettivi di politica estera e la tutela degli interessi del Paese» in un mondo dove la differenza tra politica interna ed estera è sempre più sottile, Monti auspica la riforma della legge 49 del 1987 e, in sintonia con Napolitano sull’imperativo etico di solidarietà, aggiunge che la cooperazione «è un investimento strategico in termini di sicurezza nazionale e internazionale di gestione dei flussi migratori, di protezione dell’ambiente, di sicurezza energetica, di promozione di opportunità economico commerciali per le imprese italiane». Rivendica con orgoglio come questa contribuisca a restituire credibilità al nostro Paese nelle principali sedi internazionali e nella gestione dei temi globali. E sottolinea che vuol mantenere gli impegni assunti al Fondo Globale per la lotta all’Aids, tbc e malaria. Sottolinea anche uno specifico italiano: «Dobbiamo esercitare il cosiddetto soft power, che passa per la persuasione e nel suscitare fiducia e simpatia». Creare relazioni, insomma, imparando dalla cooperazione, come è nel nostro dna..Tocca al ministro Andrea Riccardi ricordare che «un Paese che non coopera è un Paese che declina». E per dimostrarlo cita uno studio dell’Ispi secondo cui fra il 1994 e il 2011 «ogni euro investito in cooperazione è rientrato». Il consenso c’è, i sondaggi vedono gli italiani favorevoli a un incremento dell’aiuto internazionale. «Non lasciamo la cooperazione agli addetti ai lavori, è una forma di partecipazione civile al mondo. Spieghiamola meglio, manca una narrazione pubblica di quel che fa».Anche Riccardi è favorevole alla riforma della legge 49, ma «con tempo e lungimiranza» e tenendo la regia dello Stato. E chiede per la cooperazione spazio costituzionale come per il pareggio di bilancio. Certo i fondi sono pochini e le donazioni dopo il boom per lo tsunami sono in calo. Alla cooperazione va lo 0,19% del Pil.«E l’Italia – conferma Riccardi con realismo – non riuscirà a raggiungere l’obiettivo di destinarvi lo 0,7% del Pil entro il 2015, ci fermeremo alla metà». Anche per il ministro degli Esteri Giulio Terzi il nodo delle risorse va affrontato insieme a quello della riforma della legge. In questi anni la cooperazione è cambiata, «è passata dall’assistenza al partenariato». «La solidarietà – prosegue il titolare della Farnesina – è connessa all’interesse nazionale. La legge 49 ha qualificato la cooperazione come parte della politica estera e il disegno di legge di riforma in Parlamento ribadisce che non c’è cooperazione senza politica estera e viceversa».Quanto alle risorse, «toglierle vuol dire limitare la capacità del Paese di perseguire appieno gli interessi nazionali. Quest’anno ai progetti sono stati destinati 200 milioni contro l’1,3 miliardi del 2007. Meno 80%. Abbiamo arrestato la tendenza ai tagli, ma fare di più è difficile allo stato della finanza pubblica». Il faro per il titolare della Farnesina resta l’Ue, primo donatore mondiale, che veicola il 50% degli aiuti per lo sviluppo italiani. E lì che l’Italia vuole incidere di più: «Chiediamo di inserire l’immigrazione, la cooperazione, le questioni umanitarie e dell’energia in una politica estera integrata». Il capo dello Stato, il premier, tre ministri mobilitati (oggi arriva Grilli), 1.600 partecipanti tra addetti ai lavori, ong, università e imprese. Da ieri si riparla di cooperazione, il Forum che chiude oggi ha centrato l’obiettivo di muovere l’Italia.