giovedì 20 giugno 2024
In calo i lavoratori domestici nel 2023: un lavoratore su due è regolare, l’altro finisce in un cono d’ombra senza tutele e diritti
In calo i lavoratori domestici nel 2023, dopo le regolarizzazioni necessarie per farli lavorare durante i lockdown

In calo i lavoratori domestici nel 2023, dopo le regolarizzazioni necessarie per farli lavorare durante i lockdown - ANSA

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Un trend costante al ribasso. Dopo il -7,6% del 2022, anche lo scorso anno sono evaporati altri 68mila posti di lavoro domestico (-7,3%) così oggi il settore tra colf, badanti e baby-sitter occupa poco più di 833mila lavoratori (con gli italiani nel frattempo passati in 10 anni dal 23 al 31%) rispetto ad una platea reale stimata di circa 2 milioni di persone. «Nel nostro settore c’è molto lavoro nero, siamo intorno al 50-60% del totale» ha spiegato Alfredo Savia, presidente di Nuova Collaborazione, associazione dei datori di lavoro, durante la presentazione del Report 2024 curato dall’Osservatorio Inps sul lavoro domestico.

In pratica un lavoratore su due è regolare, l’altro finisce in un cono d’ombra senza tutele e diritti. Un fenomeno che è esploso nell’ultimo biennio: finita l’emergenza pandemica che aveva portato alla regolarizzazione dei rapporti di lavoro soprattutto per consentire a colf e badanti di recarsi al lavoro durante il lockdown, si sono esauriti anche gli effetti della “sanatoria”, la norma che ha consentito la regolarizzazione di molti lavoratori domestici stranieri. Così il sommerso è riapparso in modo evidente.

Un problema da risolvere perché se è vero, come ha detto il presidente dell’Inps, Gabriele Fava, che quello domestico è «un importante pilastro del tessuto socioeconomico» non si comprende come mai non si intervenga con provvedimenti mirati a far emergere il nero. Anche perché «nel 2050 i cittadini che avranno più di 65 anni rappresenteranno fino al 35% della popolazione nazionale» e questo, ha spiegato Fava deve «far ripensare l’attuale sistema del welfare previdenziale, assicurativo e sanitario».

Cosa vuol dire? «La silver economy è e sarà vista sempre più come grande opportunità occupazionale del Paese. I nonni sono oggi una forma di welfare ma anche un indicatore di cosa servirà il futuro». E sono ancora i numeri a confermarlo visto che nel 2023 il 50% dei lavoratori domestici che ha versato contributi nelle casse dell’Inps sono badanti. Una domanda che è cresciuta con l’aumento dell’indice di invecchiamento della popolazione, che totalizza +5,5 punti rispetto al 2022. «Come associazione datoriale chiediamo soprattutto la detrazione fiscale degli oneri contributivi e retributivi» ha spiegato il presidente di Nuova Collaborazione. Una misura che avrebbe un costo stimato di circa 7 miliardi di euro che possono però essere compensati riducendo quella selva di bonus che vengono elargiti dallo Stato alle famiglie. «Lo spazio per questa manovra c’è – ha rimarcato l’economista Giuseppe Russo, direttore del centro ricerca Luigi Einaudi – e lo si deve trovare all’interno dei 626 bonus che costano ogni anno 150 miliardi di euro. Serve una ricognizione mirata che favorisca il lavoratore domestico e le famiglie».

Anche perché il settore domestico, trattato a volte come una cenerentola nel nostro Paese, è in realtà il primo in Italia per numero di datori di lavoro: sono oltre 1 milione quelli regolari. Tutto questo senza dimenticare che la regolarizzazione del settore andrebbe, in molti casi, a incentivare l’occupazione, soprattutto quella femminile. In Italia, infatti, la cura della famiglia – figli o familiari non autosufficienti – rappresenta spesso per le donne una barriera all’ingresso nel mondo del lavoro. Oggi, ricorda proprio un report di Nuova Collaborazione, il 53% delle donne dice di non cercare lavoro perché impegnata nella cura di familiari o casa, tra gli uomini si scende all’8%. Gli stessi motivi spingono molte donne all’orario ridotto: il part-time coinvolge il 20% dei lavoratori dipendenti, soprattutto donne (32%) rispetto a uomini (meno dell’8%). Anche in questo caso, spesso per le lavoratrici la scelta è strettamente legata a esigenze di tipo domestico-familiare.

«È necessario sviluppare programmi specifici e garantire aiuti fiscali duraturi che, da un lato, facciano emergere il lavoro non dichiarato – ha concluso il presidente Savia - e, dall’altro, permettano alle famiglie di non essere l’unico soggetto responsabile della gestione della casa, dell’assistenza ai figli, dei genitori anziani e delle persone non autosufficienti».

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