venerdì 26 luglio 2024
Dopo il via libera del comitato presieduto da Francia e Cina, il Fmi dovrebbe riavviare il suo programma di sostegno al Paese africano, garantendo alle casse statali 10,5 miliardi di dollari
Sì dei creditori al riassetto del debito: l'Etiopia verso l'uscita dal default

Ansa

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Nella lunga sequela di default che ha caratterizzato l’ultimo quadriennio dell’economia globale e che ha evidenziato la crisi del debito dei Paesi fragili, quello dell’Etiopia è stato uno dei tonfi più clamorosi. Quinta economia d’Africa, secondo Stato più popoloso del continente con oltre 120 milioni di abitanti, l’Etiopia ha ceduto lo scorso dicembre ad una grave crisi di liquidità, conseguenza di una serie di fattori di cui la guerra civile nel Tigrai – che aveva portato al drastico taglio delle relazioni con i Paesi donatori – è stata solo l’ultimo colpo letale. Il crollo delle quotazioni del caffè tra febbraio 2022 e ottobre 2023 – materia prima da cui dipende un terzo delle esportazioni –, la siccità che ha devastato l’intero Corno d’Africa e l’onda lunga della pandemia di Covid, uniti all’aumento globale dei tassi di interesse, sono tutti elementi che hanno contribuito a rastrellare le riserve di valuta pesante di Addis Abeba. Di qui l’impossibilità di ripagare una scadenza da appena 33 milioni di dollari su un eurobond da 1 miliardo di dollari, anticamera del baratro-default e di un rating sovrano declassato in territorio “titolo spazzatura”.

Sette mesi dopo, però, mentre l’inflazione resta intorno al 20 per cento e i tassi di povertà sono in aumento, lo scenario sembra tornare a incanalarsi verso una seppur timida speranza. Nei giorni scorsi, infatti, l’Etiopia ha ottenuto assicurazioni finanziarie dai suoi creditori bilaterali riguardo alla ristrutturazione del suo debito, ristrutturazione richiesta già nel 2021 nell’ambito del meccanismo del Common framework del G20. Il passaggio era ritenuto cruciale: solo con il via libera dei creditori Addis Abeba potrà accedere alla ciambella di salvataggio rappresentata dagli aiuti del Fondo monetario internazionale (Fmi). Il comitato dei creditori, presieduto da Francia e Cina, si è allineato alle richieste dello stesso Fmi, che comprendono un vasto programma di riforme economiche necessario per la crescita. Tra gli obiettivi, la sostenibilità del debito, la riduzione del deficit fiscale, la stabilizzazione dell’inflazione e il miglioramento delle riserve di valuta pesante. Obiettivi che Addis Abeba dovrà far propri, anche se rischiano di accendere tensioni sociali a livello locale. In ballo ci sono 10,5 miliardi di dollari: 3,5 miliardi verrebbero messi a disposizione dal Fmi, altri 3,5 miliardi da Banca mondiale, infine altri 3,5 miliardi verrebbero risparmiati attraverso la ristrutturazione del debito esterno da 28,2 miliardi, buona parte del quale contratto con la Cina.

Le trattative per un nuovo programma di prestiti del Fondo monetario internazionale proseguono da oltre due anni, da quando cioè il precedente sostegno era stato interrotto nel 2021 a causa della guerra civile nel Tigrai, conflitto da 800mila morti che ha avuto un forte impatto sugli investitori e sulla crescita economica del Paese. «Esserci garantiti le assicurazioni finanziarie dei creditori è un passo cruciale lungo la nostra strada di recupero economico», ha sottolineato il ministro delle Finanze etiopico, Ahmed Shide. Secondo Addis Abeba, il sì ottenuto indica che il Paese è in grado di far fronte ai suoi futuri obblighi finanziari e che gli sforzi per la ristrutturazione del debito sono affidabili. Nelle prossime settimane è dunque attesa la decisione finale del Fmi – che potrebbe anche chiedere la svalutazione della valuta locale, il birr – , mentre i mercati finanziari tengono il Paese sotto osservazione. Tra i piani di Addis Abeba c’è già un ampio piano di liberalizzazione dell’economia locale: banche, telecomunicazioni, trasporti e aviazione sono tra i settori su cui potrebbero convergere gli investitori stranieri.

Più in generale, dopo i ritardi relativi ai casi dei default di Zambia e Ghana, il Common Framework del G20 potrebbe dunque arrivare a produrre risultati in maniera più rapida per la ristrutturazione del debito etiopico. E d’altronde, ha avvertito nei giorni scorsi Akin Adesina, presidente della Banca africana di sviluppo, non c’è scelta: questo meccanismo deve funzionare in maniera meno farraginosa e più efficiente. La crisi etiopica potrebbe infatti precederne ancora altre nel continente, ha sottolineato Adesina, per questo servono condizioni di prestito più favorevoli e 25 miliardi di dollari da destinare al Fondo africano di sviluppo – il braccio operativo della stessa Banca che concede prestiti favorevoli ai Paesi vulnerabili – per allontanare nuovi rischi. Il servizio del debito dei Paesi africani toccherà quest’anno quota 89 miliardi di dollari, rispetto ai 17 miliardi del 2010, davanti anche alla progressiva diminuzione della finanza agevolata rispetto ai prestiti a tassi di mercato. « Non si può fare sviluppo a tassi commerciali», per dirla con lo stesso Adesina. Vale per l’Etiopia, che negli anni aveva finanziato infrastrutture indebitandosi a tassi rilevanti, vale, evidentemente, per tutti.

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