venerdì 21 giugno 2024
L’arrivo in Cina del ministro dell’Economia tedesco Habeck segnato dalle polemiche contro l’Ue, dopo l’annuncio dei dazi europei sui veicoli elettrici cinesi: "Indagine al limite dello spionaggio"
Il ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck al suo arrivo a Pechino

Il ministro dell'Economia tedesco Robert Habeck al suo arrivo a Pechino - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Potrebbe trasformarsi in una vera e propria «guerra commerciale» la tensione che corre tra Pechino e Bruxelles sull’onda delle reciproche accuse di dumping e dopo l’annuncio di dazi europei sull’importazione di veicoli elettrici cinesi. La minaccia, più che diretta, è arrivata da un portavoce del ministero del Commercio cinese, che ha accolto così l’arrivo a Pechino del ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck, chiamato a dettagliare il piano di Bruxelles. Un piano contro cui la Cina si è già fatta sentire e che rischia di incidere pesantemente sulle sue esportazioni: di qui, già l’annuncio di inchieste e reciproche misure contro prodotti di importazioni europei, come la carne di maiale e non solo. «La responsabilità della situazione è tutta dell’Unione Europea», ha evidenziato il ministero del Commercio cinese, secondo cui le autorità locali si aspettano maggiore dialogo da parte di Bruxelles con l’individuazione di un compromesso, per evitare che le frizioni vadano fuori controllo.

Pechino aveva già annunciato l’intenzione di riservarsi il diritto di ricorrere alla Wto per impugnare i dazi Ue sui produttori cinesi, pari al 17,4% per il colosso mondiale delle e-car Byd, del 20% per Geely e del 38,1% per Saic, sulla base del livello di sussidi statali ricevuti da ogni singola compagnia. Secondo i media statali, la quantità di informazioni senza precedenti richieste ai produttori cinesi dalla Commissione Europea durante la sua indagine sconfina nello spionaggio, andando a minacciare una competizione equa. «Sono andati oltre ciò che era richiesto dall’indagine», ha sottolineato il ministero del Commercio cinese, evidenziando le tante domande poste sull’approvvigionamento dei materiali per le batterie e altri materiali, ma anche sullo sviluppo dei canali di vendita.

Quel che è certo, sottolineano le autorità cinesi, è che Pechino prenderà tutte le misure necessarie per salvaguardare i diritti e gli interessi delle sue imprese. Va avanti spedita, intanto, l’indagine cinese sul presunto dumping europeo sulla carne di maiale, oltre che quella sul brandy europeo, soprattutto francese. In allerta sono in particolare le aziende globali di produzione alimentare per possibili dazi da parte di Pechino. La Spagna ha fornito il 22% della carne di maiale importata in Cina nel 2023, per un valore di 1,2 miliardi di euro: è il Paese dell’Ue che avrebbe maggiormente da perdere da eventuali misure protezionistiche da parte di Pechino, ma in allerta sono anche le aziende alimentari italiane.

I sussidi ricevuti dalle aziende che si occupano della lavorazione della carne di maiale, ha sottolineato il ministro dell’Agricoltura spagnolo Luis Planas, rientrano pienamente nelle regole dell’Organizzazione mondiale del Commercio. Madrid si è comunque attivata con Bruxelles per studiare già possibili eventuali soluzioni, anche se l’indagine cinese potrebbe richiedere ancora parecchio tempo.

Difficilmente, comunque, vista l’importanza strategica della sua industria dell’auto – la seconda in Europa dopo la Germania, vale il 10% del suo Pil – la Spagna potrebbe premere per un ritiro delle misure europee contro i veicoli elettrici cinesi, sottolinea Miguel Otero, analista dell’Istituto reale Elcano di Madrid. I produttori di auto europei vedono il loro mercato drenato dall’afflusso di auto cinesi elettriche a basso costo (salite all’8% del mercato), che costano mediamente il 20 per cento in meno di quelle made in Europe. «Se il compromesso è non esportare carne di maiale in Cina ma mantenere l'industria automobilistica così com'è o espanderla, allora si sacrifica la carne di maiale», evidenzia Otero.

La missione del ministro tedesco Habeck a Pechino si presenta dunque complicata e arriva in un momento delicato per la stessa Germania. La Cina è stata per otto anni consecutivi il principale partner commerciale della Germania, ma i dati di maggio rivelano che le esportazioni tedesche verso Pechino sono diminuite del 14% rispetto a un anno fa. Berlino, più di tutti gli altri Paesi Ue, si era detta contraria all’istituzione di dazi sui veicoli elettrici cinesi. Le case automobilistiche tedesche rischiano infatti di essere colpite in maniera rilevante dai dazi Ue: da tempo diverse di loro producono in Cina in joint venture con attori locali, e da lì esportano verso mercati esteri, inclusa l'Unione Europea. Inoltre, case come Volkswagen vendono molto anche in Cina e avrebbero molto da perdere da eventuali ritorsioni di Pechino

A guardare con interesse all’evolversi della situazione sono anche gli Stati Uniti. A maggio il presidente Usa Joe Biden ha decretato un giro di vite su 18 miliardi di dollari di import di beni cinesi, che accanto ai veicoli elettrici (+100% di dazi) ha preso di mira prodotti tech dell’energia, acciaio, alluminio, attrezzature medicali, con l’obiettivo di «proteggere lavoratori e imprese Usa da pratiche cinesi ingiuste». Su semiconduttori e celle solari le barriere doganali sono raddoppiate al 50%, su siringhe e aghi sono passate da zero al 50% e sulle batterie avanzate dal 7,5% al 25 per cento.

La questione dei dazi sui prodotti cinesi riguarda poi anche Brasile, India, Messico, Paesi che, come quelli dell’Ue, rischiano di vedere confluire sui loro mercati il surplus di produzione industriale cinese soprattutto dopo che Washington ha alzato le sue tariffe.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: