Dopo un anno orribile per l’economia, sul tappeto restano soprattutto le famiglie che per Mauro Magatti, preside di Sociologia alla Cattolica, sono una priorità trascurata dalla politica.
Perché le famiglie italiane faticano? Nel nostro Paese circa la metà della popolazione dispone del 10% del reddito e il 20% delle famiglie vive in una situazione lavorativa precaria e instabile. Gli indicatori demografici, inoltre, sono drammatici, negli anni ci siamo accoccolati in questo benessere senza preoccuparci del futuro.
Ad esempio?Da un lato cresce la questione degli anziani, che la famiglia sarà sempre meno in grado di reggere perché le proporzioni del carico diventano enormi. Dall’altro c’è il problema dei bambini, molti di questi concentrati nelle fasce sociali più povere. Infine l’indebolimento dei legami familiari che causa problemi relazionali, psicologici ed economici. Oggi la famiglia è una cartina di tornasole attraverso la quale leggere la crisi del nostro modello di sviluppo.
Perché la politica la trascura?Non è una dimenticanza banale. Come l’immigrazione, la famiglia è uno di quei temi sui quali ci si schiera in linea di principio. Ma affrontare il problema della famiglia significa discutere un modello di sviluppo, fare delle scelte, indicare priorità e sostenere una visione. E la politica mi pare che da tempo in questo paese non si assuma più queste responsabilità.
La crisi familiare che ripercussione ha sui minori?Cresce il rischio degli abbandoni scolastici. La concentrazione di minori in situazioni di povertà, l’alto numero di abbandoni, le fragilità del sistema scolastico anche su livelli medio alti, ci dicono che questa società sembra perduta dietro al diritto al godimento individuale e non progetta il futuro.
Crescerà la forbice tra Nord e Sud?Probabilmente sì. La capacità di intermediazione dello Stato attraverso la spesa pubblica sarà contenuta, con grandi difficoltà si manterranno questi livelli di vita nelle regioni meridionali dove oggi vive il 35% della popolazione e si concentra il 10% della povertà nazionale. La capacità del sistema economico del Sud di entrare nei circuiti globali è molto modesta e non si vedono all’orizzonte iniziative politiche, economiche o industriali di sviluppo.
Cambieranno le cose con il federalismo?Il federalismo è rimandato a data da destinarsi, ma se viene liberato dagli inquinamenti separatisti, dal concetto dell’ognuno padrone a casa sua,e viene preso come appello alla responsabilità, allora diventa un’opportunità anche per il Sud. A patto che il discorso non venga impostato in termini punitivi, ma si provino ad affrontare le questioni in modo diverso dallo statalismo degli ultimi cinquant’anni.
Cosa possono fare la Caritas e l’associazionismo per aiutare le famiglie?Rilevo una vivacità sorprendente del mondo cattolico. Questo dice che le risorse diffuse nell’ambito ecclesiale sono rilevanti. La prima cosa da fare è la vicinanza, la presenza nei territori e la testimonianza di come attraversare questo tempo in modo differente. Sul piano locale bisogna affinare la capacità di impostare iniziative nel campo dell’associazionismo e del terzo settore costruendo alleanze locali per la famiglia.