Diventare cittadini europei? Nulla di più semplice per i super ricchi e i magnati di mezzo mondo. Basta andare a Malta e versare 650mila euro nelle casse dello Stato: il passaporto sarà assicurato senza alcun obbligo di investimenti produttivi o di residenza. Russi e cinesi sono in prima fila: hanno già messo da tempo gli occhi sull’Isola, «passaporto» per l’Europa. Il parlamento maltese a maggioranza socialista, nelle scorse settimane, ha dato il via libera a una legge che apre le coste dell’isola… a pagamento. Il governo del premier Joseph Muscat prevede che dalla vendita delle cittadinanze possano entrare in bilancio almeno 30 milioni di euro all’anno, stimando l’ingresso di 200-300 nuovi 'cittadini' ad ogni cambio di calendario. Fondi – sostengono – che aiuteranno il Paese a ridurre il deficit. Così, di fatto, chiunque abbia almeno 18 anni potrà diventare cittadino di Malta, senza dovere effettuare investimenti o spostare la residenza sull’isola. Niente. E una volta acquisita (o acquistata) la cittadinanza potrà ottenere passaporti maltesi per i parenti più vicini con appena 25mila euro. Un mercato della cittadinanza. Il governo ha assicurato che verranno effettuati controlli severi su quanti faranno richiesta e che i richiedenti con precedenti penali non saranno accettati. Una valutazione che sarà affidata alla multinazionale privata «Henley and Partners», specializzata in gestione di servizi di residenza e cittadinanza. Spiegazioni che non convincono i maltesi. E neanche le alte sfere europee.
Il timore è che investitori e speculatori, dalla Cina alla Russia, oltre a utilizzare i regimi fiscali agevolati di Malta, possano muoversi in libertà per tutta l’Unione Europea (e in 160 Paesi, senza visto, Stati Uniti compresi), con pieno diritto di cittadinanza. Sebbene ogni Stato sia sovrano in materia, il caso maltese non può non avere ripercussioni su tutti gli altri Paesi. Persino Londra, che certamente non 'disdegna' investimenti stranieri, storce il naso: l’ex potenza coloniale dell’isola ha un quadro normativo che consente di attrarre facoltosi extracomunitari, ma a condizione di risiedere in Gran Bretagna per almeno 180 giorni all’anno. Altri Stati – dalla Grecia al Portogallo – concedono dei permessi di residenza a chi investe in maniera significativa o effettui operazioni immobiliari di una certa consistenza. Ma la cittadinanza permanente a pagamento della Valletta è davvero troppo. A Strasburgo, sede del Parlamento Europeo, non mancano dissenso e imbarazzo. A cominciare dai deputati maltesi dell’opposizione. «Non è così che si salvano le casse di Malta e si attraggono investimenti per il nostro Paese – sbotta dai corridoi del Parlamento Europeo uno dei sei deputati maltesi, David Casa, del Partito nazionalista, iscritto al gruppo del Ppe –. Così rischiamo solo di aprire le nostre frontiere a ricchi cinesi, senza un effettivo interesse per la nostra economia. Il nostro passaporto diventa solo un lasciapassare per l’Europa senza alcuna garanzia. E questo non è giusto nei confronti di Malta e nei confronti dei nostri partner europei. Siamo pronti – lo ha detto anche il leader del Partito nazionalista maltese, Simon Busuttil – a raccogliere le firme per indire un referendum abrogativo della legge».
Sull’isola, in effetti, c’è molto malessere. E il governo stesso prende tempo. La legge approvata non è entrata in vigore e potrebbe restare ancora 'congelata'. Ma il caso è ormai scoppiato. Malta rischia di diventare un paradiso fiscale dentro l’Ue. Nell’Europa che contrasta queste politiche poco «trasparenti ». Sull’isola d’altra parte le agevolazioni già non mancano. In termini di Iva (al 18%, ma al 5% per molti settori e a zero per tantissimi altri), senza considerare i costi sul lavoro e le imprese, sicuramente vantaggiosi rispetto al resto dell’Ue. Paradiso fiscale con un lasciapassare europeo. Una mossa che stride fortemente, fra l’altro, con quello che accade in tema di immigrazione, con l’emergenza umanitaria che c’è nel Mediterraneo. E su cui Malta ha un atteggiamento assolutamente restrittivo. «Chiudiamo le frontiere ai poveri – incalza David Casa – e le apriamo a pagamento per i ricchi? È una grande contraddizione, politica ma soprattutto umana che non possiamo accettare». L’opposizione maltese trova sostegno fra molti esponenti del Ppe. L’italiana Lara Comi, proprio in occasione dell’ultima sessione plenaria di Strasburgo, ha stigmatizzato il caso maltese, invitando tutta l’Europa a spingere «sulla costruzione di una vera cittadinanza europea»: «I cittadini dei Paesi membri devono sentirsi pienamente cittadini europei. Non si può mettere in vendita la nostra appartenenza comunitaria per questioni fiscali o di bilancio. Abbiamo già molti problemi sul fronte delle produzioni e delle contraffazioni con alcuni Paesi, non generiamone altri». Questo «mostra per l’ennesima volta l’importanza di realizzare una autentica unione fiscale europea che consenta un mercato pienamente libero e condizioni condivise e omogenee fra i Paesi membri». «Siamo ormai a un bivio – conclude l’europarlamentare di Forza Italia – : o imbocchiamo una strada comune su questi temi o ci ritroveremo presto con una realtà incomprensibile, soggetta a subire degenerazioni antieuropeiste». La cittadinanza a pagamento di Malta non aiuta di certo a trovare la strada giusta nella nebbia che avvolge Strasburgo.