Un carico cinese arriva al porto di Amburgo - Reuters
Il mondo dello shipping ai tempi del Covid-19. Difficile delineare cosa potrebbe accadere con l'estendersi della pandemia. Di certo si possono scattare le prime fotografie di quanto accaduto sinora.
Partiamo dalla Cina. Pechino secondo gli analisti è ad un passo dalla normalità con solo il 10% delle attività del settore logistico rimaste indietro. E fabbriche e trasporti operativi all'80%. La ripresa è favorita dal taglio delle tasse dello shipping - dal 1 marzo a fine giugno - del 20% ( cosa chiesta a gran voce nel nostro Paese). Tant'è che le stive delle navi sono riempite al 75%, quando con lo stop erano "spariti" 2 milioni di container.
A gioire non sono solo i naviganti, ma pure i cantieri navali che beneficeranno di tanti soldi statali. Cssc, uno dei grandi costruttori di mega navi, ha emesso il primo "bond coronavirus" da quasi 800 milioni di dollari così ripartiranno i cantieri.
Ma anche gli armatori scommettono sulla ripresa, anzi le grandi compagnie si dicono certe che il virus non impatterà sui traffici. Ne sono convinti anche negli Stati Uniti dove i magazzini erano stati riempiti - prima ancora della guerra dei dazi - e le scorte hanno permesso di reggere al crollo dei traffici che, negli scali principali ha toccato il 15%. Ora cambiano le dinamiche, proprio negli Usa, con la Cina che riparte. Il problema sono i container che, con la Cina ferma, sono rimasti nei porti Usa ed ora vanno portati in Oriente di gran lena per riempirli. Così, spiegano gli analisti, a partire da Msc e Maersk si rivalutando le mega portacontainer proprio per riposizionare i container vuoti caricandone di più in uno stesso viaggio. L'operazione piace agli Usa, da sempre osteggiatori delle mega navi, a tal punto da avviare grandi operazioni di dragaggio dei fondali e pure progetti d'espansione dei porti. In un momento in cui gli analisti di Sea-Intelligence dicono che a causa del Covid-19 l'Europa è l'anello debole della catena logistica mondiale.