Lavori di ricostruzione a L'Aquila dopo il terremoto (Ansa)
Dalla piccola comunità abruzzese di Santo Stefano Sessanio (113 abitanti) al centro più grande di Tollo (4.122 abitanti) c’è un unico filo conduttore che tiene insieme la 'rete dei borghi': sono tutti laboratori di cittadinanza attiva, cittadini che si organizzano in impresa cooperativa per rispondere ai propri bisogni. Si va dalla riapertura dell’emporio del paese alla spesa a domicilio, dal trasporto scolastico dei bambini a quello degli anziani, dalla valorizzazione dei prodotti agroalimentari locali a tutti i servizi legati all’ospitalità e al turismo, senza dimenticare la cura del territorio e del paesaggio e la gestione sostenibile delle risorse forestali. È così che nascono le cooperative di comunità. In 11 hanno risposto al bando di Confcooperative: dieci sono già attive e altre tre si stanno costituendo. «Le cooperative di comunità – spiega Massimiliano Monetti, architetto di Chieti e presidente di Confcooperative Abruzzo – possono rappresentare una svolta per i nostri piccoli paesi delle aree interne, in primis quelli colpiti dai terremoti, perché uniscono gli abitanti in un progetto comune, competitivo e ad ampio raggio, ma la Regione Abruzzo deve prevedere subito un incentivo economico e modificare alcuni aspetti troppo vincolanti della legge approvata nel 2015».
Per mesi si è impegnato in tutto l’Abruzzo a organizzare incontri con amministrazioni e cittadini per promuovere una nuova prospettiva di rinascita economica e ripopolamento. Una cooperativa di comunità è profondamente radicata nel territorio, visto che i soci devono rappresentare dal 5 al 10% della popolazione residente del comune. E ha anche la possibilità di operare in più settori, prendendo in affidamento lavori di pubblica utilità, come la manutenzione del verde, il piano neve, l’assistenza sociale, il trasporto scolastico, partecipando ai bandi del Comune o altri enti, ampliando poi la sfera di attività nel settore turistico, culturale e agricolo, potendo gestire anche esercizi commerciali. Insomma una cooperativa sociale, di lavoro e di servizi nello stesso tempo. «Serve un incentivo per far nascere queste cooperative – conferma Monetti -– basterebbero per cominciare 10mila euro a cooperativa, 100mila euro in tutto, se teniamo fermo l’obiettivo alle dieci realtà da appoggiare come realtà pioniere. Anche Confcooperative del resto è pronta a fare la sua parte, con fondi e il sostegno per le start up. Intanto abbiamo uno staff tecnico che può supportare queste cooperative, il che rappresenta un aiuto diretto in termini di servizi». L’invito rivolto ai nuovi amministratori della Regione Abruzzo, dunque, è quello di prevedere risorse per finanziare la legge, visto che a oggi è a zero e che rappresenti un segnale concreto di credere in questa visione e in questa opportunità, ma c’è anche un altro limite della legge regionale, che andrebbe superato: quello dell’aliquota ritenuta troppo alta dei soci residenti. «I territori devono iniziare a fare impresa condivisa e sostenibile che crei micro-economia locale – conclude il presidente di Confcooperative Abruzzo –. Le cooperative sono sentinelle del territorio, capaci di intercettare, più di ogni altra impresa, i bisogni delle comunità. L’ulteriore valore aggiunto sarà quello del network tra le cooperative. Ecco perché il nostro incontro con il Papa può darci una forza e un contributo straordinario. Dalle periferie e dal Sud si gioca la partita del futuro. Passando dallo sviluppo sostenibile e dalla riconciliazione tra generazioni».