Lo si temeva, ed è accaduto: anche la riforma del mercato del lavoro sarà pagata con maggiori tasse. Una, in particolare, sa di lacrime e sangue: i proprietari che danno una casa o un locale in affitto, e non usano la cedolare secca del 21 per cento, quando faranno la dichiarazione Irpef non avranno più uno "sconto forfait" del 15 per cento, bensì del 5. Nel concreto: chi incassa da un affittuario 10mila euro annui, ad oggi indica come base imponibile 8500 euro. Dal 2013 la base su cui si effettua la tassazione sale a 9500 euro.
I costi della riforma. D’altra parte il ddl che cambierà il volto del mondo del lavoro è molto costoso. Lo Stato deve impegnarsi per 1,7 miliardi di euro nel 2013, per circa tre miliardi nel 2014, per due e mezzo sia nel 2015 che nel 2016. Solo dal 2017, e sino al 2021, la spesa media si attesterà intorno ai 2 miliardi. Il totale è la cifra-monstre di 20 miliardi, a fronte della quale l’ennesimo sacrificio sulla casa è solo una minima parte.
Le auto aziendali. E in effetti il governo non ha mancato di creatività. La seconda stangata in ordine di percezione nella vita reale riguarda le "auto aziendali". Per quelle usate da imprenditori, professionisti e partite Iva in «via personale», la deduzione dei costi sostenuti scende dal 40 al 27,5 per cento. Per le vetture date «in uso promiscuo» ai dipendenti la deduzione cala dal 90 al 70. Una "new entry" nella lista dei sacrifici chiesti agli italiani per uscire dalla crisi e riformare il Paese.
La tassa sui viaggi aerei. È una vecchia conoscenza, invece, l’addizionale comunale sui diritti di imbarco dei passeggeri di aerei. Dal primo luglio 2013, la tassa cresce di due euro. Un surplus che i comuni - già si sentono le lamentele dei sindaci che non ci stanno a fare i «gabellieri per conto dello Stato - dovranno versare all’Inps.
Spese sanitarie per l’Rc auto. Un’altra botta a scarso appeal riguarda l’Rc auto. Nei contratti stipulati con le agenzie sono deducibili in modo totale i contributi sanitari obbligatori. Non sarà più così: la deducibilità spetterà, a decorrere dal 2012, solo sulla parte di contributo che supera i 40 euro.
Tagli ad Inps, Inail e Monopoli. Almeno, a parziale compensazione del nuovo esborso dei cittadini, una bella fetta della riforma sarà coperta anche da riduzioni di spese dell’amministrazione pubblica. Inps e Inail, già chiamate a sforzi di razionalizzazione dalle ultime manovra finanziarie, «nell’ambito della loro autonomia» dovranno diminuire i propri costi di 90 milioni di euro ogni anno (72 l’istituto di previdenza, 18 l’ente infortunistico). E non ci sarà modo di sfuggire, stando al ddl, perché la somma sarà sottratta dal «contributo di funzionamento» che lo Stato versa annualmente ai due istituti. Anche i Monopoli di Stato dovranno fare la propria parte tagliandosi 10 milioni di euro a partire dal 2013.
Affitti. La misura che impressiona di più, e che toglie dieci punti di base imponibile a chi affitta locali, produce nel 2014 un maggiore gettito Irpef di 627 milioni, mentre a regime renderà 365 milioni. Il governo ipotizza che il 60 per cento dei contratti d’affitto (quelli a uso abitativo) utilizzi la cedolare secca, e dunque sia esente dalla stretta. La scure si abbatterebbe dunque in via prioritaria sulle locazioni a fini commerciali.
La «paccata di soldi». Ecco dunque dove viene presa la «paccata di soldi», ben 20 miliardi di euro, che Elsa Fornero disse di voler mettere sul piatto solo in cambio di ampi sacrifici dei sindacati e degli imprenditori. Ciò che non fu detto in quella circostanza, tra l’altro fonte di polemiche intorno all’infelice espressione del ministro, è che molto sarebbe ricaduto sui cittadini. La ratio dell’esecutivo, informano al dicastero del Lavoro, è stata quella di non toccare i «soliti noti», ma classi di contribuenti più agiate, come i liberi professionisti o quelli, appunto, che dispongono di un locale da dare in affitto.