La crescita preoccupa i Ventisette, nonostante i segnali confortanti di stabilità nell’eurozona. «Ci troviamo ancora in una situazione tuttora caratterizzata da eccessivi livelli di debito, una crescita fiacca e un’elevata disoccupazione», ammettono i capi di Stato e di governo a chiusura del vertice di Bruxelles. Anche il piano di sviluppo messo a punto dalla Commissione europea per i prossimi dieci anni, la cosiddetta strategia «Europa 2020» (in pratica l’erede diretto della defunta strategia di Lisbona), mostra un qualche affanno: dei cinque obiettivi prefissati, solo tre hanno ottenuto l’accordo di tutti i Paesi membri: portare al 75% il tasso di occupazione tra i 20 e i 64 anni, aumentare al 3% del Pil dell’Unione le risorse investite in ricerca e innovazione, ridurre del 20% le emissioni di C02. Ancora in stallo invece gli altri due obiettivi: il primo punta ad abbassare sotto il 10% la quota di giovani che abbandonano la scuola e ad aumentare ad almeno il 40% il numero dei diplomati o laureati, il secondo - forse più importante - è quello di ridurre di almeno 20 milioni in dieci anni il numero delle persone a rischio povertà.Ma forse questo vertice, che originariamente neppure aveva in agenda il caso greco e quasi non voleva accettare che i leader dell’eurozona ne parlassero a margine, verrà ricordato per quel compromesso che ha permesso di chiudere la spinosa vicenda del debito ellenico. Grazie a un accordo diretto fra Sarkozy e Angela Merkel, i 27 si impegnano al salvataggio di Atene qualora il governo greco lo richiedesse, sulla base di prestiti volontari. La Ue concorrerebbe per i due terzi, il Fondo monetario internazionale per il terzo rimanente. Ma nessuno sarà obbligato, tanto che il premier britannico Gordon Brown ha già fatto sapere che Londra non sborserà un penny per rimettere in sesto i debiti greci. Con sfingeo aplomb la Merkel (che fino all’ultimo ha avversato il piano di salvataggio di Atene) dice: »Il problema greco non è solo un fatto di speculazione ma soprattutto di budget, qualcosa che il Trattato di Maastricht dice che non dovrebbe accadere. Ma, se accade, la Ue deve trovare una soluzione, come ha fatto». Questa si chiama Realpolitik, e poco importa se le resistenze della Merkel abbiano concorso a indebolire l’euro: alla cancelliera serviva mostrare il pugno di ferro per risalire nei sondaggi presso un elettorato che fra meno di due mesi andrà a votare per le elezioni locali. E al di là della Grecia i leader della Ue - che sentono la spada di Damocle del default portoghese e irlandese sempre più minacciosa sopra le loro teste - si dicono piuttosto intenzionati a «ripristinare la stabilità macroeconomica e a riportare le finanze pubbliche su un cammino sostenibile, perché questi sono i prerequisiti per produrre crescita e posti di lavoro. Di qui la necessità di rafforzare il coordinamento delle politiche economiche e delle riforme strutturali, e di rendere più stringente la vigilanza sui bilanci degli Stati membri». In particolare il presidente della Commissione europea Barroso lancia un appello a tutti i leader del G20, in vista della prossima riunione di giugno a Toronto: «Vedo segnali preoccupanti, con l’impressione che, superato l’apice della crisi, non ci sia più la stessa attenzione, la stessa tensione. Ma non si deve assolutamente annacquare l’ambizione di arrivare a riforme veramente efficaci nel settore finanziario».A proposito della lotta ai mutamenti climatici, il presidente stabile della Ue Herman Van Rompuy, ha detto che la Ue «ha già avviato contatti con i principali attori sulla scena per ristabilire la fiducia e per andare verso gli obiettivi che l’Europa si è prefissata».Prima di lasciare il vertice anzitempo per la chiusura della campagna elettorale, il premier italiano Berlusconi ha posto sul tavolo dell’Unione europea il problema di cosa fare con coloro che cessano di lavorare e vanno pensione «mentre l’età media, fortunatamente, si alza sempre più e il costo dei pensionati grava sulla popolazione attiva». La proposta di una riflessione è stata accolta con interesse e qualcuno avrebbe avanzato l’idea di portare in tutta Europa l’età pensionabile a 70 anni. Per ora è solo un flatus vocis, ma il problema indubbiamente esiste.