L'Europa segue con il fiato
sospeso la vigilia del referendum in Grecia, così importante per
il destino del governo di Atene, ma anche per gli equilibri
politici ed economici interni all'Unione. Non è un mistero che i
vertici di Bruxelles sperino in una chiara affermazione del 'sì'
che segnerebbe inevitabilmente una secca sconfitta del governo
di Tsipras, accusato di essere ormai un interlocutore
inaffidabile. Lo stesso vale per tutte le cancellerie europee,
preoccupate che un eventuale successo del radicalismo di Syriza,
possa aggravare la crisi dell'Eurozona.
L'allarme sul "prelievo forzoso". Sabato pre-referendum in Grecia, dove
ci si è svegliati con i giornali che danno molto spazio alla
notizia riferita ieri sera dal Financial Times - e subito
smentita come "maliziosa" dal ministro delle Finanze Yanis
Varoufakis - secondo cui si preparerebbe un prelievo forzoso del
30% sui depositi di oltre 8.000 euro. Una preoccupazione in più
per i greci da giorni in fila per ritirare poche decine di euro
al bancomat, e che ieri hanno anche appreso che, in assenza di
un intervento della Bce,
la liquidità delle banche è assicurata
solo fino a lunedì sera.
Su queste due preoccupazioni è intervenuta anche Louka
Katseli, presidente dell'Unione delle Banche greche, che ha
ammesso che dopo lunedì "ci sarà un problema serio di
finanziamento" delle banche se non verrà attivato l'Ela
(Emergency Liquidity Assistance) della banca centrale. "Le
decisioni della Bce (che dovrebbe prenderle lunedì mattina)
determineranno il quadro del finanziamento delle banche per i
giorni successivi", ha aggiunto.
Varoufakis: creditori come terroristi. "Quello che i creditori stanno facendo
con la Grecia ha un nome solo: terrorismo". Così il ministro
delle Finanze greco Yanis Varoufakis in un intervista a El
Mundo. "lo che posso dire - prosegue
Varoufakis - è che tutto quello che sta accadendo in Grecia in
questi giorni lo avevano preparato fin dall'inizio, che già 5
mesi fa era pronto un piano per farla finita con un governo che
non accettava di farsi ricattare 'dall'establishment' europeo".
Nella lunga intervista concessa al quotidiano iberico il
ministro dell'Economia spagnolo ha ribadito la sua convinzione
che se vincerà il 'nò il primo ministro Alexis Tsipras si
recherà lunedì a Bruxelles, firmerà un accordo - "non fantastico
ma migliore di quello proposto - e "martedì riapriranno le
banche". "Questa Europa - ha poi sottolineato - non ama la democrazia. Se ci avessero concesso una piccola estensione al programma di aiuti avremmo svolto il referendum con le banche aperte, invece ci hanno costretto a chiuderle. E perché lo hanno fatto? Per
instillare la paura nella gente. Questo fenomeno si chiama
terrorismo. Però io confido che la paura non vincerà".
La sfida in piazza. La parola passa adesso ai greci che domenica dovranno dire la propria. Con il
Sì e No praticamente alla pari in tutti i sondaggi, la breve
campagna per il referendum che deve accettare o respingere gli
accordi con i creditori internazionali della Grecia si è
conclusa venerdì sera con due manifestazioni parallele e
contemporanee: una, per il no, nella piazza Syntagma, l'altra,
per il sì, nello stadio Kallimarmaro. Una sfida tra piazze
affollate e determinate mentre l'economia del Paese annaspa, le
banche restano chiuse con lo spettro della fine della liquidità
già martedì, e l'incertezza sul futuro che regna sovrana.
In una calda serata estiva grandi folle - anche se più
consistente quella per il No (25 mila, secondo la polizia,
contro 17 mila)- ad entrambe le manifestazioni, a segnalare
l'importanza che i greci attribuiscono a questa consultazione. A
Syntagma, sul grande palco, un manifesto con l'OXI (No), e molti
cartelli e striscioni, mentre davanti all'antico stadio, un NAI
(Sì) gigantesco campeggiava sul palco rivale.
Testa a testa nei sondaggi. Per tutta la giornata i sondaggi di venerdì - gli ultimi, così come le
manifestazioni - hanno ripetuto lo stesso risultato: i due
schieramenti sono virtualmente alla pari. Secondo un rilevamento
della società Alco per il quotidiano Ethnos, i Sì sarebbero al
44,8% mentre i No si attestano al 43,4%. Gli indecisi scendono
all'11,8%. Secondo lo stesso rilevamento il 74% dei greci vuole
che il paese resti nell'eurozona; il 15% vorrebbe tornare ad una
moneta nazionale, mentre l'11% non sa o non risponde.
La spaccatura e la quasi totale parità è confermata anche da
un sondaggio commissionato da Bloomberg all'Università della
Macedonia, per il quale il No è al 43% e il Sì al 42,5. Gli
indecisi sono il 14,5%.