mercoledì 9 ottobre 2024
Un report accende i riflettori sulla mancanza di trasparenza del Global Gateway: appena il 16% dei progetti rivolto a migliorare salute e istruzione nei Paesi poveri
Bambini a mensa in un orfanotrofio in Ruanda

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La nuova strategia dell'Unione europea per gli investimenti e lo sviluppo globale, il Global Gateway, rischia di dirottare verso le grandi aziende buona parte delle risorse europee destinate all’aiuto allo sviluppo dei Paesi più poveri. A svelare questa condotta poco coerente l’organizzazione no profit Oxfam, che ha denunciato il fatto nell’ultimo report realizzato in collaborazione con le reti non governative di ricerca economica Counter Balance ed Eurodadche rileva come oltre il 60% dei progetti presi in esame andrà a beneficio di almeno un'azienda europea. Su 40 progetti presi in esame, infatti, 25 sosterranno aziende europee come Siemens, Moller Group o Suez. Mentre solo il 16% di tutti i progetti del Global Gateway porterà investimenti in settori chiave per lo sviluppo dei Paesi poveri come la salute, l'istruzione e la ricerca. Inoltre, almeno sette aziende che fanno parte del Global Gateway Business Advisory Group - il gruppo di esperti istituito dalla Commissione europea - hanno firmato contratti finanziati con i fondi del Global Gateway.

Un quadro che quindi tradisce le regole europee, dato che la principale fonte di finanziamento del Global Gateway è il budget comunitario per gli aiuti allo sviluppo, che dovrebbero essere impiegati prima di tutto per la "riduzione e l'eliminazione della povertà nel lungo termine”.

“Esiste il rischio concreto che il bilancio degli aiuti dell'Ue venga destinato, nel quadro finanziario pluriennale’21-’27, più alla difesa degli interessi geopolitici ed economici europei, che alla lotta alla povertà e alla promozione dello sviluppo sostenibile.- ha dichiarato Francesco Petrelli, portavoce e policy advisor su finanza per lo sviluppo di Oxfam Italia – Su questa strada il Global Gateway finirebbe con l’alimentare i profitti delle imprese con i soldi dei contribuenti europei. Il bilancio dell'Ue per gli aiuti non ha questo obiettivo". Da qui l'appello alla Ue ad assicurarsi che non si stravolgano gli obiettivi politici affermati in tutti i documenti approvati da Commissione e Parlamento per favorire gli interessi privati."Abbiamo esaminato decine di progetti, riscontrando che i progetti Global Gateway vengono attuati per incrementare le attività commerciali dell'Ue nel Sud del mondo, nonostante i gravi rischi sociali, economici e ambientali, che questo comporta" ha aggiunto Alexandra Gerasimcikova, responsabile delle politiche e dell'advocacy di Counter Balance.

Le regole vengono aggirate, rende noto il documento, grazie a modalità tutt’altro che trasparenti. Tacendo cioè gran parte delle informazioni pubbliche sui progetti, le relative spese, i contratti e le valutazioni in materia di tutela dei diritti umani e dell’ambiente, senza le quali è difficile capire effettivamente quanto il piano Gateway contribuisca ai nobili scopi per cui è stato istituito. Studiando i progetti, le ONG hanno poi individuato il secondo fronte critico della questione: spesso, il fine all’apparenza umanitario nasconde in realtà la volontà di ampliare le attività commerciali dell’Unione nel Sud del mondo. Finendo così per aggravare gli scenari dove dovrebbero intervenire tramite soluzioni a lungo termine.

Con conseguenze distruttive. Il Global Gateway rischia poi di accrescere le disuguaglianze in molti Paesi fragili. In Perù, uno dei progetti individuati incoraggia le famiglie più povere a sottoscrivere mutui per l’acquisto di proprietà agricole, versando un sostanzioso anticipo. Con il rischio di farle indebitare e spingerle ancora più in povertà. La strategia europea rischia inoltre di esacerbare anche la crisi del debito in diversi Paesi. L'Ue avvierà infatti progetti del Global Gateway in 29 dei 37 Paesi poveri più indebitati del mondo. Questi progetti privilegiano i prestiti rispetto alle sovvenzioni, riducendo la capacità dei governi di soddisfare i bisogni della popolazione, poiché devono ripagare il debito e gli interessi alle istituzioni finanziarie europee.Senza contare come, in diversi casi, la realizzazione dei piani di sviluppo preveda l’elevato utilizzo di risorse idriche in territori, come la Namibia, nei quali sono già carenti. E fra i sette membri dell’Advisory Group, rientrano anche aziende produttrici di combustibili fossili (come Enel e Total Energies) che stanno siglando accordi per la produzione di energia in regioni abitate e coltivate. C’è infine il rischio che alcuni progetti aggravino le crisi e i conflitti esistenti. In Ruanda, si lavora ad un’intesa sull’idroelettrico a seguito della quale più di quattromila persone dovrebbero abbandonare case e terreni. Un secondo piano prevede l’estrazione delle materie prime all’origine del conflitto in corso nella zona. «Questo quadro desolante - commenta Petrelli- deriva dalla mancanza di controllo e rappresentanza da parte dei Paesi partner e della società civile, ormai relegati a testimonial».

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