Sfruttare, anche se non intenzionalmente, i guai dei rivali a proprio vantaggio. È quello che sta succedendo a Huawei, marchio cinese di reti e dispositivi mobili che in pochissimo tempo sta scalando le classifiche mondiali. Mentre Samsung fa la conta dei danni causati dal ritiro dal mercato del Galaxy Note 7 a rischio esplosione, il gruppo cinese continua la sua corsa: ha archiviato vendite record per i suoi dispositivi nell’ultimo anno, dal più economico P9 Lite ai più costosi Mate 8 e Mate S, e ora ci riprova col nuovo Mate 9 appena lanciato, un dispositivo a metà tra un tablet e uno smartphone e con la memoria tipica di un pc.
Non si tratta dell’unica "minaccia" d’Oriente che insidia lo strapotere dei colossi internazionali della telefonia mobile: prima è stata la volta di Xiaomi, che ha debuttato nel 2011 con l’intenzione di diventare la "Apple cinese" lanciando dispositivi avanzati a prezzi super competitivi. Ora sono arrivati marchi come Meizu, Oppo o Vivo, ancora per molti sconosciuti ma sicuramente promettenti. Fra tutti, però, è proprio Huawei a fare più paura: in poco tempo è riuscita a uscire dai confini nazionali e adesso guarda addirittura agli Stati Uniti. Intanto in Europa occidentale, secondo Idc, ha quasi raddoppiato la sua quota di mercato dal 7 al 13% nel secondo trimestre del 2016.
In questo scenario l’Italia ha un ruolo chiave: per Huawei il nostro Paese è il secondo mercato, dopo la Cina. Qui, ogni quattro smartphone venduti uno è Huawei: con il 23,6% del mercato lo scorso settembre (secondo Gfk), l’azienda cinese è al secondo posto per numero di telefoni commercializzati in Italia, subito dopo Samsung e prima di Apple. E le prospettive sono tutte in crescita. Non si tratta solo di clientela ma anche di investimenti sul territorio. «In Italia i nostri dipendenti sono circa 600 e proprio qui abbiamo appena aperto il primo Customer service center europeo», spiega James Zou, da poco nominato General manager della divisione Consumer Business Group per l’Italia. Zou, che ha alle spalle oltre 14 anni di esperienza dentro a Huawei in Europa, è ottimista: «I clienti hanno iniziato ad affezionarsi al nostro marchio e ad apprezzare la qualità dei nostri dispositivi », dice, spiegando che il gruppo si aspetta che il Mate 9 raddoppi il volume di vendite registrato dai suoi "predecessori".
James Zou, general Manager di Huawei Italia - All rights reserved
Intanto l’azienda continua a guardare avanti. «Ogni anno investiamo il 10% dei ricavi in ricerca e sviluppo », spiega Zou, facendo eco alle parole del numero uno dell’azienda, Richard Yu, che ha da poco confermato l’intenzione di investire 600 milioni in ricerca e sviluppo da qui al 2018. Nel frattempo Huawei, che ha iniziato a stringere partnership strategiche – come quella con Leica per le lenti o con Porsche per una versione di 'design' del suo nuovo dispositivo – conta di poter trovare alleati anche nel made in Italy. «Qui c’è tanto che possiamo fare: le eccellenze italiana nella moda o nel design potrebbero diventare presto nostre strategiche alleate», conclude Zou.