ÍSenza cambiamenti nelle istituzione europee la crescita è destinata ad allontanarsi». È stato in qualche modo profetico, il professor James Galbraith, economista dell’University of Texas, che ha tenuto mercoledì a Milano una
lecture dal titolo «Capitalismo finanziario e Democrazia», invitato da Assopopolari, l’Associazione delle Banche Popolari. Ha in qualche modo anticipato quanto poi «certificato» ieri dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, per quel che riguarda il deterioramento della congiuntura nell’Eurozona.
Professor Galbraith, cosa pensa della situazione dell’economia nell’area euro?Ciò che risulta più urgente, a mio modesto avviso, è che si producano al più presto dei cambiamenti radicali e profondi all’interno delle istituzioni europee. Modifiche solo nella politica economica non sono sufficienti a garantire una ripresa economica dell’Europa. Le ricette seguite fino adesso su indicazioni della commissione hanno portato soprattutto ad un maggiore impoverimento, ad una crescita dei disoccupati, a tensioni sociali sempre più forti e alla riemersione di tendenze politiche estremiste. Io non so se l’Europa riuscirà a cambiare rotta prima che sia troppo tardi. Lo spero vivamente, ma è difficile essere ottimisti se si guarda al passato recente e si considerano le politiche finora perseguite.
La Bce è intervenuta pesantemente per cercare di dare ossigeno all’economia.Non bisogna credere che la Bce da sola abbia il potere o sia in grado di riportare la crescita economica nel Continente. Come tutte le banche centrali, la Bce può influenzare la congiuntura mitigando i cicli e stabilizzando le aspettative degli operatori, ma difficilmente, come dimostra anche il caso della Federal Reserve può riuscire, ad esempio, a creare occupazione.
Quale ruolo possono svolgere le banche di natura cooperativa, fortemente presenti i Italia, nel sostenere la ripresa?Tutta la cooperazione bancaria ha dato prova durante la crisi di grandi capacità di contrasto e di resistenza, proseguendo nella sua azione di sostegno alle economie locali. Anche le Banche Popolari in Italia hanno ampiamente dimostrato tali qualità continuando a sostenere le famiglie e le piccole e medie imprese. Inoltre, esse si sono dimostrate lontane dai vizi delle principali banche statunitensi che attraverso l’uso spregiudicato dei subprime hanno determinato la crisi attuale. Occorre, comunque vigilare affinché il messaggio del «too big to fail», favorendo interventi per gli istituti di maggiori dimensioni, non determini nel sistema bancario una distorsione della concorrenza penalizzando maggiormente le banche che operano sul territorio e che sono restate vicine alle economie regionali.