Un post tratto dal profilo Twitter del G20 Italy, con i ministri delle Finanze riuniti all'Arsenale di Venezia - Ansa
La tassa minima globale fa un altro passo avanti. Dal G20 di Venezia arriva, come previsto, il via libera dei ministri dell’economia che anzi spingono per alzare l’asticella e ipotizzano aliquote superiori.
«Dopo molti anni di discussioni e sulla base dei progressi compiuti l'anno scorso, abbiamo raggiunto uno storico accordo su un'architettura fiscale internazionale più stabile ed equa» si legge nel documento finale diffuso al termine dei lavori. Un’accelerazione concreta dopo l’accordo raggiunto in seno all’Ocse da 130 Paesi che rappresentano il 90% del Pil mondiale. Fondamentale è stato il coinvolgimento dell’amministrazione Biden che si è impegnata a cambiare le regole del fisco americano in questa direzione e che potrebbe portare l’Europa (la Francia si è già detta disponibile) a fare un passo indietro sulla web tax.
Sono due i pilastri sui quali si regge la rivoluzione fiscale. Il primo è l’introduzione della global minimun tax (al momento fissata al 15%) sui redditi delle multinazionali con ricavi superiori ai 750 milioni di euro. Una misura che cerca di arginare la corsa verso i paradisi fiscali e che dovrebbe produrre un gettito aggiuntivo di 150 miliardi di dollari l’anno. Il secondo punto riguarda la tassazione redistribuita che si applica ai ricavi globali sopra i 20 miliardi di euro e redditività oltre il 10%. Una quota dei profitti in eccesso rispetto a questa soglia (si parla del 20%) saranno tassati direttamente nei Paesi in cui vengono effettivamente prodotti.
«È un accordo molto importante, qualche mio collega ha detto "storico", con cui appoggiamo le componenti principali del piano per la tassazione delle multinazionali con una tassa minima e una ripartizione degli utili fra i Paesi dove queste operano – ha detto il ministro dell'Economia Daniele Franco – e che intendiamo implementare a fine ottobre al G20».
Nel 2023 la tassazione minima globale dovrebbe essere operativa, ma da Venezia arriva già l’ipotesi di alzare la posta in gioco, modificando le due soglie sulle quali c’è un’intesa di massima. A spingere in questa direzione la Francia con il ministro Bruno Le Maire. «Al G20 finanze di Washington dovremo definire gli ultimi parametri di questa nuova architettura fiscale» ha detto sottolineando che la proposta francese sulle quote degli utili da riallocare è del 25% – «il 20% non sembra abbastanza, il 30% potrebbe essere troppo» – mentre sull’aliquota minima globale «la Francia con alcuni partner rilevanti del G20 punta a più del 15%».
I ministri europei hanno assicurato che l’intesa è solida e che indietro non si torna, nonostante qualche parere fuori dal coro. I Paesi contrari – in Europa Irlanda, Ungheria ed Estonia – sono in minoranza e l’obiettivo è di procedere anche senza di loro. Visione condivisa dal segretario al Tesoro statunitense Janet Yellen secondo la quale non è essenziale per il momento che tutti i Paesi siano convinti. L’accordo «aiuterà a far crescere il gettito fiscale chiudendo una corsa al ribasso tra i Paesi nel tagliare le aliquote fiscali per le imprese – ha detto –. Contiene meccanismi che possono essere usati per essere sicuri che i Paesi che non sottoscrivono l’intesa non possono minarla». Soddisfatto del clima di collaborazione il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz: «La maggior parte del lavoro è stata fatta, c’è ancora poca strada da fare. Sono assolutamente convinto che troveremo un accordo ad ottobre». Di «giornata storica» e di una riforma della «tassazione globale» ha parlato infine Paolo Gentiloni, commissario Ue agli Affari economici.