Una macchina informatica per fare mining di criptovalute - pxhere
Le indagini degli investigatori hanno scoperto che in realtà i furti di criptovalute erano iniziati già a giugno del 2017 e BitGrail, unica piattaforma italiana che consentiva lo scambio di Nano XRB, non aveva fatto nulla per rendere più sicura la piattaforma. Decine di migliaia di persone inconsapevoli hanno continuato a iscriversi su BitGrail e scambiare i loro bitcoin con i nano, la cui quotazione nel frattempo passava da 3,17 a 20,45 dollari. Tra dicembre e febbraio gli acquisti di nano su BitGrail sono ammontati a circa 593 milioni di euro in bitcoin.
Tre giorni prima di andare a fare la denuncia, l’uomo ha trasferito sul suo conto personale presso una società basata a Malta 230 bitcoin (che allora valvevano circa 1,7 milioni di euro) incassati dai clienti. A maggio del 2018 ha convertito parte di quei bitcoin in denaro reale prelevando 514mila euro.
L’uomo è accusato di frode informatica, auto-riciclaggio e bancarotta fraudolenta. I suoi conti sono sotto sequestro da quasi due anni. Non è stato arrestato: gli è stata notificata la misura cautelare del divieto di esercitare attività d’impresa e ricoprire uffici direttivi di imprese.