Bastano 15 secondi per far sparire un'automobile. Alle tradizionali e rudimentali modalità utilizzate in passato per rubare veicoli (dalla rottura del finestrino al furto delle chiavi), si sono affiancate negli ultimi anni tecniche criminali più ingegnose e meno rischiose, ad alto tasso tecnologico, in grado di beffare il proprietario della vettura anche quando ritiene di essere al sicuro. I dispositivi oggi più utilizzati per portare a termine furti d'auto hi-tech sono i cosiddetti sistemi diri-programmazione della chiave che, attraverso la connessione alleporte Obd (diagnostica a bordo) del veicolo, consentono al ladro diottenere una nuova chiave in meno di un minuto e in alcuni casi anchein meno di 15 secondi. È quanto emerge dal dossier pubblicato da LoJack, azienda specializzata in rilevamento e recupero dei beni rubati.
Lo scenario attuale insomma dimostra che la tecnologia a bordo delle auto può semplificare la vita di chi guida ma, allo stesso tempo, può rendere le vetture più vulnerabili ad attacchi esterni, come quelli messi a punto dai ladri che utilizzano tecnologie di ultima generazione per mettere a segno i loro colpi o, peggio ancora, dagli hacker che si insinuano nella rete. Basti pensare che in Europa il fenomeno dei cyber-furti, quelli commessi cioè con dispositivi tecnologici, - stando al dossier pubblicato da LoJack - si attesta attorno ai 40 mila veicoli, con un giro d'affari di 800 milioni di euro. Un fenomeno che al momento pesa per il 5-10% sul totale dei furti d'auto, ma che arriva a sfiorare anche il 20-30% se si prendono in considerazione le auto con meno di cinque anni. Tra i modelli più ricercati dai ladri, la Mercedes Serie E, diversi modelli Bmw (Serie 3, 5, X5 e X6) e tutti i modelli Range Rover.
«In Italia, secondo i dati in nostro possesso - dichiara MaurizioIperti, ad di LoJack Italia - questo trend è in crescita e riguarda circa il 20% dei furti, concentrati soprattutto nelle aree del centro-nord Italia dove i ladri si affidano maggiormente al prezioso supporto delle nuove tecnologie. La percentuale è però destinata gradualmente a crescere su tutto il territorio nazionale con il graduale inserimento nel parco circolante di vetture più nuove e dotate di sistemi tecnologici di protezione, con l'evidente rischio che continui ad abbassarsi anche la percentuale di recuperi delle auto sottratte con questi metodi».
L'indagine spiega che impossessarsi della tecnologia di una vettura di nuova generazione, gestirne i comandi, interferire con la sua elettronica al punto da riuscire a rubarla in poco tempo, per i “ladri 2.0”, specializzati proprio nei furti elettronici, è davvero un gioco da ragazzi. E che rubare un'auto con l'adeguata strumentazione, che al ladro può costare dai 10 ai 50 mila euro ma che può essere trovata a buon prezzo sul mercato grazie alla concorrenza cinese, non è più un'impresa impossibile. Clonare una chiave utilizzando la connessione alle porte OBD (diagnostica a bordo) del veicolo, ad esempio, è un'operazione che richiede appena 15 secondi. È possibile anche clonare il transponder di apertura delle porte e accensione, intercettare il segnale catturato e inviato al veicolo anche quando il proprietario è lontano e perfino superare l'immobilizer integrato nelle vetture.
Ma l'ingegno dei furfanti hi-tech non si ferma qui. Nel mirino dei cyber-pirati è finita addirittura un'auto a guida autonoma, una Tesla Model S. Un gruppo di ricercatori del Keen Security Lab ha dimostrato una falla nel sistema, riuscendo ad intrufolarsi attraverso il collegamento internet e a prendere il controllo del veicolo, aprendo le portiere, attivando i freni mentre il veicolo era in movimento e accendendo le luci di segnalazione. La falla, per fortuna, è stata risolta grazie ad un aggiornamento del software, ma bisogna stare ben in guardia: quella che oggi è stata classificata come una dimostrazione potrebbe, purtroppo, diventare realtà.