mercoledì 30 maggio 2018
Esce di produzione dopo 25 anni e 9 milioni di esemplari. Il riposizionamento del marchio punterà solo su Panda e 500. Stop anche per l'Alfa MiTo
L'ultima versione della Fiat Punto, in vendita ancora solo per poche settimane

L'ultima versione della Fiat Punto, in vendita ancora solo per poche settimane

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L’ultimo esemplare uscirà dallo stabilimento di Melfi l’11 agosto e dopo 25 anni chiuderà un’era dal punto di vista produttivo e industriale, ma anche simbolico. Segnerà la svolta di Fiat, il marchio attualmente più vulnerabile del Gruppo Fca, destinato a un ridimensionamento che - oltre che nelle intenzioni - è già nei fatti. O per meglio dire, a un riposizionamento più adeguato alla realtà attuale di un brand che si concentrerà solo su pochissimi modelli e quasi solamente sul mercato interno.

La Punto, l’utilitaria che raccolse l’eredità della Uno, con le sue tre generazioni è stata l’auto più popolare d’Italia dagli anni ’90 in poi e anche oggi, quando si prepara alla pensione definitiva, vanta numeri ancora più che dignitosi visto che pur vendendo un quarto di esemplari rispetto alla Panda, l’anno scorso ha totalizzato più di 37mila immatricolazioni. Quando esordì, Gianni Agnelli, disse che «la Punto non è nata in tre anni, ma è la sintesi di un secolo di lavoro», per sottolineare l’importanza e le aspettative che Fiat riponeva in quella vettura semplice ma estremamente importante per i volumi che avrebbe rappresentato.

Era un’altra epoca, ancorata al concetto di automobili popolari e profondamente italiane. Più che un’utilitaria, la Punto è stata una famiglia composta da tre generazioni: la prima disegnata da Giorgetto Giugiaro; la seconda nata nel 1999 e ideata all’interno del centro stile Fiat; e la terza, nata nel 2005 e disegnata dalla Italdesign Giugiaro. Quest’ultima generazione è stata a sua volta declinata in tre modelli: quello di esordio chiamato Grande Punto, che ha di fatto segnato l’inizio della terza generazione, affiancato nel 2009 dal modello Punto Evo, una sorta di evoluzione del primo, ed entrambi sostituiti da un terzo modello: la Punto 2012. All’esordio di quest’ultima, l’intera famiglia della Fiat Punto era stata venduta, dal 1993, in 9 milioni di esemplari.
Troppi per non definire la sua fine storica, ma anche inevitabile considerando gli adeguamenti tecnologici che una riedizione della Punto avrebbero richiesto. Una scelta in linea con la svolta strategica di Fiat-Chrysler, ormai orientata a sviluppare quasi esclusivamente i suoi marchi premium (Jeep, Alfa Romeo e Maserati), gli unici che offrono margini di redditività.

Come si muoverà Fca nei prossimi mesi lo svelerà Sergio Marchionne venerdì a Balocco quando presenterà il nuovo piano industriale che impegnerà il Gruppo fino al 2022. Qualche dettaglio relativamente alle vetture più piccole è però già più che prevedibile, dalla fine della produzione anche dell’Alfa Romeo MiTo alla concentrazione degli investimenti per quanto riguarda le city-car solo su Panda – la produzione della quale si sposterà in Polonia – e, soprattutto, 500. Fiat infatti sarà sempre più “500centrica”, un modello rinato e diventato anche in questo caso una famiglia che ha appena venduto il suo 2milionesimo esemplare della nuova generazione e che oggi è declinata anche nelle fortunate versioni L e X.

Sul fronte delle propulsioni invece, in futuro 500, Panda e Lancia Ypsilon, le tre piccole di casa, potrebbero essere vendute solo con il motore a benzina in attesa di quella svolta verso l’elettrificazione sul quale il Gruppo, per pragmatismo prima ancora che per convinzione, è sempre stato scettico e comunque in ritardo. L’addio al diesel sarà graduale e – come ha più volte precisato Marchionne – legato alle scelte del mercato, ma pare inevitabile anche per ragioni strettamente economiche. Questi modelli infatti nelle versioni a gasolio rappresentano in Italia solo il 15% del totale venduto, e meno del 10% in Europa: l’investimento per passare da Euro6B ai nuovi parametri di emissioni Euro6D previsti per settembre 2019 sarebbe di centinaia di milioni di euro per Fca e comporterebbero un aumento di almeno 1.000 euro del prezzo di listino di ogni vettura. Troppi per giustificare una scelta che comprenda ancora il diesel su questi modelli.


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