Valgono di più i dati dell’Eurostat che confermano ancora una volta le difficoltà dell’Italia nell’uscire dalla crisi o l’ottimismo del capo economista dell’Ocse, Pier Carlo Padoan, secondo cui “il nostro Paese è a un punto di svolta”? I due aspetti, verosimilmente, sono due facce della stessa medaglia. Nel giorno in cui l’istituto statistico europeo certifica tecnicamente che l’Europa è fuori dalla recessione, con un Pil che ha fatto segnare una crescita dello 0,3% nel secondo trimestre 2013, l’Italia incassa un’altra piccola bocciatura: la produzione di ricchezza sul nostro territorio, infatti, è scesa nello stesso periodo dello 0,2%, mentre Germania, Lituania, Finlandia e Gran Bretagna agganciavano la ripresa, con un aumento del Prodotto interno lordo dello 0,7% e il Portogallo (non proprio la locomotiva d’Europa) metteva a segno un ottimo +1,1%. Cosa ci fa pensare, allora, che il peggio anche per Roma sia alle spalle e in fondo sia solo questione di mesi? “Bisogna guardare ai dati Ocse su base annualizzata” ha spiegato Padoan, il primo a dire ventiquattr’ore fa con l’organizzazione che ha sede a Parigi, che Roma continua a restare indietro. Perché sperare in un recupero, dunque? “I nostri dati ci dicono qual è la velocità d’uscita e la velocità d’uscita sta aumentando – continua Padoan -. Avevamo fatto gli stessi calcoli tre mesi fa e la velocità era molto più lenta. Ciò significa che l’economia sta uscendo dalla crisi e questo è un punto di svolta”. Tutto questo si tradurrà in maggiori ordinativi per l’industria e , a catena, in nuovi posti di lavoro? E’ molto difficile che ciò accada subito. Ma per il 2014, incertezza politica permettendo, qualche segnale positivo dovrebbe arrivare.