Ansa
Alla fine l’Olanda un passo l’ha fatto, e all’Eurogruppo l’accordo con l’Italia, oltre che la Francia e la Germania, si è profilato prima ancora che i ministri si ritrovassero in video conferenza. Un accordo arrivato verso le 21 dopo una giornata con continui rinvii della video-conferenza dalle 17 previste fino alle 21.30, e fitta di convulse telefonate che hanno visto coinvolti non solo i ministri, ma anche vari leader. A cominciare dalla cancelliera Angela Merkel, che voleva assolutamente evitare un fiasco al pari del presidente francese Emmanuel Macron, con il rischio di riportare lo scottante dossier alla video conferenza dei capi di Stato e di governo prevista per dopo Pasqua.
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L’intesa raggiunta prevede il pacchetto di quattro punti che si era già profilato martedì notte: il piano da 240 miliardi della Banca europea per gli investimenti (Bei) per le piccole e medie imprese, il programma «Sure» della Commissione Europea per il sostegno alle casse integrazioni, l’utilizzo delle linee di credito (Eccl) del fondo salva-Stati (Mes) a condizioni ultraleggere e infine, sia pure senza dettagli, un sostegno di principio al piano francese di un Fondo per la ripresa. Niente «Coronabonds», anche il riferimento agli «strumenti innovativi» riferiti al Fondo francese è stato attenuato con l’espressione «si esplorerà». Contro i titoli comuni restano Berlino, L’Aja, Vienna, Helsinki.
È noto - avvertiva Merkel in mattinata – che non credo che si debbano mettere in comune i debiti, per cui noi siamo contrari agli eurobond, ma ci sono molte altre possibilità, altre soluzioni ». La leader tedesca ha comunque telefonato al premier italiano, «ho parlato con Giuseppe Conte - ha detto - e concordiamo che serva con urgenza solidarietà in Europa in una delle ore più difficili, se non la più difficile. E la Germania è pronta per la solidarietà». È chiaro che il nodo era soprattutto la questione del Mes.
La pressione è stata intensissima soprattutto sull’Olanda, con Merkel schierata in primo piano per convincere oltre a Conte il premier dell’Aja Mark Rutte. In mattinata il Parlamento dell’Aja aveva approvato due mozioni contro i Coronabond, e Rutte aveva espresso sostegno al duro ministro delle Finanze, Wopke Hoekstra: «Vogliamo essere solidali – diceva –, ma non vogliamo emettere debito comune». Rutte era con il suo ministro (che a sera ribadisce: «Resteremo contrari agli Eurobond») anche sulle dure condizioni macroeconomiche, con tanto di programma di riforme e aggiustamenti di bilancio, che per l’Aja dovrebbero impegnarsi a fare gli Stati che chiedano aiuti al Mes, una volta usciti dalla pandemia.
Un punto ripreso anche da una delle due mozioni parlamentari. Solo che era una linea bocciata anche da Berlino e che martedì ha impedito l’intesa, quando il ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, era disposto ad approvare il testo sul tavolo, con condizioni molto leggere. Alla fine è passata una linea di compromesso che conferma le condizioni ultraleggere, ma con una concessione all’Aja: niente richieste di riforme e aggiustamenti, ma si circoscrive l’utilizzo alle spese sanitarie e non all’impatto economico più ampio: «l’unico requisito - si legge nell’ultimo testo di conclusioni - per accedere alle linee di credito sarà che gli Stati dell’eurozona che richiederanno sostegno si impegnino a utilizzarle per sostegno ai costi finanziari diretti e indiretti per la cura sanitaria, nonché i costi cura e la prevenzione legati al Covid-19». Le spese economiche, insomma, passano nel capitolo del Fondo di ricostruzione francese (oltre che agli aiuti da Bei e Commissione), il cui finanziamento è demandato alla «guida dei leader ».
E rimane un riferimento alla disciplina di bilancio: finita la pandemia, «gli Stati membri rimangono impegnati a rafforzare i fondamentali economici e finanziari, in coerenza con il quadro di coordinamento e sorveglianza economica e di bilancio, inclusa ogni flessibilità applicata dalle autorità competenti».
Un riferimento in sostanza al Semestre europeo e al Patto di stabilità, per contentare i rigoristi, così tenue da essere accettabile anche per l’Italia. I fondi sborsati saranno pari al 2% del Pil (240 miliardi di euro in tutto sui 410 miliardi disponibili nel Mes, 36 per l’Italia), le Eccl saranno disponibili entro due settimane. L’Europa ha insomma evitato il fiasco, ma il diavolo, si sa, è tutto nei dettagli, e molto resta da definire. E, del resto, i soldi non sono tanti: in totale, tra tutte e tre le prime misure, si parla di 540 miliardi, quanto al Fondo francese, è ancora tutto da definire e comunque si parla del 2021. «L’Eurogruppo ha trovato l’accordo. Un pacchetto di dimensioni senza precedenti: l’Europa è solidarietà», ha twittato il commissario all’Economia Paolo Gentiloni.