Dopo mesi di attesa, è arrivata ieri alla Camera la proposta di riforma dell’editoria del Partito democratico. Un testo che era stato annunciato dal sottosegretario Luca Lotti entro l’estate e che arriva dopo quello presentato un anno e mezzo fa dal Movimento Cinque Stelle che sarà discusso in aula lunedì prossimo e che chiede invece l’abolizione totale del finanziamento. Quattro i punti principali del testo targato Pd.
Fondo per il pluralismo e l’innovazione. Durerà cinque anni e comprenderà sia le risorse statali per il sostegno al settore, sia quelle del fondo straordinario previsto dalla legge di stabilità 2014. Le risorse verranno ripartite ogni anno con decreto del premier o del sottosegretario competente.
I finanziamenti. Resta confermato l’impianto attuale che vede i contributi destinati alle cooperative giornalistiche e agli enti non profit. Sono ammesse al finanziamento soltanto le imprese che esercitano attività «autonoma e indipendente »; esclusi dal finanziamento, invece, i giornali di partito e gli organi di movimenti politici e sindacali, i periodici tecnici, aziendali, professionali; salvi, infine, gli organi delle minoranze linguistiche. Tra i requisiti per l’accesso ai fondi, una condizione necessaria sarà il passaggio all’edizione digitale, anche in parallelo con la carta. Viene superata la distinzione tra testata nazionale e locale e il contributo viene graduato in funzione delle copie annue vendute.
Distribuzione e agevolazioni fiscali. Tra le deleghe, si prevedono la liberalizzazione di rete di vendita e gli orari di apertura, la promozione della lettura dei giornali nelle scuole e più incentivi fiscali per gli investimenti pubblicitari nel settore.
Prepensionamenti e Ordine dei giornalisti. Il governo dovrà rendere l’accesso ai prepensionamenti più uniforme alla normativa generale in materia e «razionalizzare la composizione e le attribuzioni del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e la riduzione dell’attuale numero dei componenti fino ad un massimo di 18 consiglieri» con decreti legislativi informati ad alcuni «principi e criteri». Per Raffaele Lorusso, segretario generale della Federazione nazionale della stampa, questa proposta «rappresenta un passo in avanti nel tentativo di affrontare compiutamente le criticità del sistema e di porre le basi per il rilancio ». Anche se, avverte, la scelta dell’iter parlamentare al posto del disegno di legge governativo «non deve però diventare un alibi per allungare all’infinito i tempi dell’approvazione. Il settore dell’editoria nel suo complesso ha bisogno di risposte in tempi brevi».