È scattato il conto alla rovescia per il lancio del "quantitative easing" della Banca Centrale Europea. Lunedì prossimo, 9 marzo, infatti Francoforte incomincerà a rastrellare titoli, in gran parte di Stato, ad un ritmo di 60 miliardi di
euro al mese almeno fino alla fine di settembre 2016 per far
risalire l'inflazione nell'Eurozona vicino all'obiettivo del 2%
e rilanciare la crescita in una regione definita nei mesi scorsi
come "la più grande minaccia per la ripresa mondiale". Il "quantitative easing" è, infatti, un'intervento di aiuto, alle banche e all'economia di un Paese, da parte di una banca centrale, tramite l'acquisto di titoli, anche poco affidabili.
Insomma, dopo averne tanto parlato, si parte. E l'Eurotower dà un deciso ritocco all'insù alle sue stime di crescita per i Diciotto ma anche una severa
sferzata alla Grecia di Tsipras: niente facilitazioni se il
nuovo governo a guida Syriza, responsabile sia dello stop ai
prestiti diretti che dei rischi per le sue banche, non dà
un'accelerata alle riforme.
A Cipro, in una delle due riunioni della Bce che ogni anno si
svolgono fuori Francoforte, il presidente Mario Draghi si
presenta ai giornalisti con in mano la documentazione pronta per
il 'QÈ europeo annunciato a gennaio, facendo precipitare l'euro
ai minimi di 11 anni a un passo dalla parità con il dollaro.
"Cominciamo lunedì", spiega, con 60 miliardi di euro al mese che
proseguiranno almeno fino a settembre 2016 e senza risparmiare i
titoli con rendimenti già negativi, anche se restano fuori
quelli sotto al -0,2%.
Con il petrolio debole, l'export sostenuto dal tasso di
cambio e il graduale miglioramento del credito, per la Bce è la
svolta di una ripresa decisa dopo anni al lumicino, con una
crescita rivista per il 2015 a 1,5% (da 1% di dicembre), per il
2016 a 1,9% (da 1,5%) e con un balzo al 2,1% l'anno successivo e
un'inflazione vista accelerare a 1,8% fra due anni. Con il QE,
spiega Draghi, "l'emergere di ulteriori sviluppi favorevoli" è
ulteriormente rafforzato. La Bce, insomma, vede la svolta, anche
se Draghi non manca di rilevare che i governi troppo timidi
sulle riforme mettano un freno alla crescita.
Ospitato dalla banca centrale di Cipro, protagonista di un
drammatico salvataggio che ha spinto le autorità alla mossa
drammatica dei controlli ai movimenti dei capitali, il
presidente della Bce non ha però potuto chiamarsi fuori dallo
scontro fra la Grecia e i partner Ue. Rivolgendosi con un
atteggiamento a tratti sferzante verso il governo di sinistra
emerso dalla forte vittoria di Syriza alle elezioni di gennaio.
"Siamo i primi a volere che la Grecia riparta", premette il
presidente della Bce. Ma alla Bce non vanno giù le uscite del
ministro delle Finanze, Yanis Varoufakis, secondo cui la Grecia
ha fatto default e non può ripagare per intero il suo debito.
"Certa comunicazione crea volatilità sui mercati, distrugge il
collaterale, aumenta gli spread e minaccia la solvibilità. La
comunicazione è assolutamente fondamentale".
Una bacchettata, mentre è massima fermezza sui finanziamenti
di Francoforte alla Grecia, in un atteggiamento denunciato dal
governo Tipras come un pressing a farlo cedere fornendo
liquidità come le gocce di una flebo.
Draghi si ferma a un passo
dal sarcasmo: "si può dire che la Bce sia la Banca della
Grecia", "l'ultima cosa che si può dire è che non sosteniamo la
Grecia", visto che in due mesi Francoforte ha raddoppiato, a 100
miliardi, l'esposizione verso il Paese raggiungendo il 68% del
Pil, la quota più alta nell'EUrozona. Proprio oggi la Bce ha
aumentato di 500 milioni, a 68,8 miliardi, i prestiti
d'emergenza forniti dall'istituto centrale ellenico alle banche.
Per Draghi, poi, "è stata una dichiarazione esplicita del
governo greco" a costringere la Bce, applicando le regole, a
chiudere il rubinetto dei prestiti diretti agli istituti
ellenici il 4 febbraio scorso. Quei rubinetti si potranno
riaprire se "ci saranno le condizioni" che spingono l'Europa a
ritenere che la Grecia va verso una probabile conclusione
positiva del programma di assistenza targato Ue-Bce-Fmi.
Varoufakis, poi, avrebbe voluto che la Bce alzasse dai 15
miliardi attuali il tetto alle emissioni di titoli a breve. Ma
Draghi boccia l'ipotesi che costituisce quel "finanziamento
monetario" vietato dai trattati.
Certo, sulla sostanza delle
misure richieste ad Atene, Draghi si rimette alle valutazioni
politiche dell'Eurogruppo, dove Varoufakis porterà un primo
pacchetto in sei punti lunedì. E fa balenare una via d'uscita
che potrebbe dare ossigeno finanziario nell'immediato: "la Bce
ha chiesto all'Eurogruppo che il fondo di ricapitalizzazione per
le banche, circa 10 miliardi, sia prontamente disponibile". A
meno che i partner Ue non anticipino parte dei 7 miliardi di
salvataggio residuo dopo aver ravvisato la buona volontà greca,
potrebbe essere questa la chiave di volta per Atene, che questo
mese (a partire da domani) deve rimborsare 1,5 miliardi solo al
Fondo monetario internazionale.