Economia più debole e deficit in ascesa. Nella Nota di aggiornamento al Def che sarà presentata oggi il governo fa i conti con una recessione che in Italia ha colpito più duro del previsto. Più crisi significa minori entrate per le casse pubbliche, con la conseguenza diretta che l’indebitamento tende a superare quel 2,9% fissato nel Def presentato ad aprile. Nel documento il Pil per il 2013 era atteso a -1,3 mentre oggi, secondo indiscrezioni, verrebbe indicato a -1,7. Frenata anche sul 2014: torna quel segno più che mancava da tre anni ma la ricchezza prodotta salirebbe dell’1% invece che dell’1,3%. Come già emerso nei giorni scorsi l’indebitamento tendenziale viaggerebbe intorno al 3,1%, quindi oltre il fatidico limite europeo, e sarebbe necessario un intervento sul bilancio per rispettarlo, come il governo si è sempre impegnato a fare.
Ancora ieri Bruxelles ha avvertito che non farà sconti: un deficit al 3,1% «è diverso da un deficit al 3%», e se l’aggiornamento delle stime del Def confermerà lo sforamento «serviranno misure per riportarlo» nei limiti, ha affermato un portavoce Ue. Ieri il sottosegretario all’Economia Pierpaolo Baretta ha ammesso che «non sono irrealistiche» le indiscrezioni di un rapporto deficit-pil al 3,1%, indicando in 1,5 miliardi la somma da coprire per rimanere entro il tetto europeo. Operazione che sarà fatta però con aggiustamenti di bilancio, senza varare una manovra correttiva. Il ministro dello Sviluppo Flavio Zanonato è più ottimista: siamo, di poco, sotto il 3% e non supereremo questa cifra, resteremo sotto», ha assicurato senza chiarire però se occorrerà reperire risorse. Per il responsabile del Lavoro Enrico Giovannini «è chiaro che la porta è molto stretta ma sono convinto che il governo sarà in grado di contenere il deficit e di prospettare per il 2014 una legge di stabilità, che rilanci lo sviluppo, che sta arrivando ma che deve essere più elevato di quello che il sistema da solo genererebbe». Altrimenti, è questo il timore, non si creeranno nuovi posti di lavoro.
Nel Def di aprile il debito pubblico nel 2013 era indicato al 130,4%, includendo proventi dalle privatizzazioni per un punto di Pil, che però non ci sono state. Il Consiglio dei ministri oggi comincerà a discutere anche di questo punto. Le dismissioni del patrimonio pubblico sono uno dei capitoli del piano Destinazione Italia approvato ieri dal governo. Si tratta di un documento programmatico con una serie di proposte per attrarre investimenti dall’estero, uno dei maggiori punti deboli dell’Italia nel confronto internazionale. Abbiamo un «bisogno drammatico di investimenti esteri», ha spiegato il presidente del Consiglio Enrico Letta, il nostro Paese non può permettersi di alzare barriere come Fort Apache, deve portare il marchio Italia nel mondo ma contemporaneamente deve puntare a «portare il mondo in Italia». Senza diventare un «outlet a prezzi stracciati» ma anche senza aver paura della globalizzazione e «privatizzando quello che è giusto perché non sempre il privato è meglio del pubblico», ha aggiunto il premier.
Il piano interviene in un ampio spettro di settori: dal fisco al lavoro, dalla giustizia civile alla ricerca e per tre settimane sarà aperto ai contributi di tutti i soggetti, pubblici e privati, prima di essere definitivamente approvato. Comprende misure di semplificazione amministrativa e fiscale per agevolare gli investimenti e supportare nei diversi passaggi burocratici gli imprenditori stranieri che vogliano investire da noi, come ad esempio traducendo in inglese le normative sul lavoro.Uno dei punti principali prevede che «entro fine ottobre» il ministero dell’Economia provveda ad individuare le partecipazioni da dismettere per ridurre l’elevato debito pubblico italiano. Le dismissioni saranno realizzate «mediante procedure competitive» o «tramite operazioni di largo mercato rivolte a investitori istituzionali e al pubblico retail», afferma la bozza. Nelle prossime settimane Letta presenterà il piano a New York e poi nel Paesi del Golfo, prime tappe di una campagna volta a far conoscere le opportunità di investimento in Italia. Ma ancor prima di questi passaggi il governo dovrà prendere la decisione definitiva sul capitolo Iva. In realtà Palazzo Chigi e il Tesoro sono già convinti che non ci sia più spazio per annullare l’aumento che scatterebbà, salvo interventi, dal 1° ottobre. Ma su questo l’accordo politico non c’è e il Pdl continua a minacciare ritorsioni sulla stabilità del governo se l’Iva dovesse aumentare. Un bel rompicapo perché ,senza contare l’imposta sui consumi il Tesoro deve trovare 5 miliardi da qui a dicembre per eliminare l’Imu, finanziare Cig e missioni militari e «aggiustare» il deficit.