Marco Vitale, economista d’impresa di lungo corso oggi presidente del Fondo italiano di investimento, non sembra troppo ottimista sulla possibilità che il decreto di 'riforma' delle banche popolari possa essere corretto nel corso del dibattito parlamentare. «L’attacco alle Popolari, perché di questo si tratta è, se lo collochiamo nella logica prospettiva,un attacco al concetto ed alla grande tradizione europea del credito cooperativo – spiega –. La povertà, contraddittorietà, erroneità, e falsità della maggior parte degli argomenti addotti per giustificare questo 'insensato' o 'troppo sensato' (dipende dagli obiettivo di chi lo propone) provvedimento, non ha bisogno di ulteriori illustrazioni dopo il limpido e fondato appello di Becchetti».
Non possiamo sperare in una correzione di rotta in corso? Non siamo di fronte ad un provvedimento tecnico da aggiustare in qualche modo, ma ad una scelta politica di fondo sul rapporto tra economia e democrazia. Chi ha ispirato questo provvedimento a un presidente del consiglio che, sperabilmente, non è molto consapevole e si limita a dare ascolto ai suoi amici, appartiene a quei talebani del mercato succubi di una filosofia che è quella che ci ha portato diritti alla crisi del 2008. Questa filosofia si basa su alcuni pilastri: mercato innanzi tutto, ovunque, senza regole, senza limiti, senza confiteor; solo le grandi dimensioni contano soprattutto nelle banche e il fatto che le banche mondiali fallite e salvate nel 2008 e 2009, con i soldi dei contribuenti, fossero tra le più grandi del mondo, è un semplice incidente della storia; il capitale deve avere un potere forte e incontrastato su tutto e su tutti, sul lavoro, sulla competenza, sui governi. E chi non è d’accordo 'peste lo colga'.
Quindi la trasformazione delle Popolari in Spa si inserisce in un progetto molto più vasto... È appena uscito un libro molto interessante, di Louis D. Brandeis,
I soldi degli altri e come i banchieri li usano. Racchiude gli articoli di battaglia di Brandeis, grande giurista ed economista americano della prima metà del ’900, contro la concentrazione del potere finanziario, contro la confusione tra banchieri d’affari e di deposito, contro l’ingiustizia economica, contro il predominio del potere finanziario sui governi e sul parlamento. Come spiega Lapo Berti nell’introduzione, «Brandeis indica fondamentalmente due rimedi per porre un limite allo strapotere dei banchieri, uno negativo e uno positivo, che stupiscono ancor oggi per la novità e l’arditezza. Il rimedio negativo consiste nell’impedire, tramite un sistem di concorrenza regolata, la formazione di aggregazioni economiche dotate di un potere incontrollato e per di più inefficiente. Il rimedio positivo consiste nel promuovere la cooperazione come forma principale di strutturazione del settore bancario».
Sembrano i dilemmi davanti ai quali ci troviamo di nuovo oggi. Siamo ritornati in mano a questo potere finanziario incontrollato che non accetta limiti né contrasti, né competizione, nelle mani di coloro che hanno dato del marxista e dell’incompetente a papa Francesco per aver detto le grandi verità economiche che ha gridato nella splendida
Evangelii Gaudium che è insieme documento teologico, di saggezza economica e di democrazia economica. I nostri proponenti l’attacco al Credito Cooperativo sono semplici portavoce di questi centri di potere finanziario ai quali sono asserviti.
Intende che è anche una questione tra cattolici e non cattolici? La questione è tra sostenitori della democrazia economica e sostenitori della finanziarizzazione dell’economia, della società, del pensiero. Ma è un dato di fatto che con lo squagliamento di quella che una volta si chiamava sinistra, l’intontimento dei sindacati, la quasi estinzione del grande pensiero liberale (alla Einaudi, Sturzo, Roepke), l’unica voce forte che resiste a questa orrenda e pericolosissima valanga della finanziarizzazione e della concentrazione del potere economico è la voce cattolica, forte di un pensiero solido come quello della Dottrina Sociale della Chiesa, che si è sempre battuta contro la concentrazione del potere economico, e di profeti come papa Francesco.