venerdì 6 agosto 2010
La sfida di Desertec: impianti termodinamici in Africa per «esportare» elettricità fino al Vecchio Continente. Nel deserto africano ci sono 630mila Tw di potenza inespressa, che basterebbero a sostenere la crescita industriale dell’area e a fornire all’altra sponda del Mediterraneo fonti pulite. Un ambizioso gruppo di aziende adesso prova a «raccoglierli».
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Se a presentarlo non ci fossero state alcune delle aziende più potenti del pianeta, il progetto Desertec sarebbe stato presto archiviato tra le belle idee troppo bizzarre per essere messe in pratica. Era il 13 luglio del 2009 quando a Monaco di Baviera la Desertec Foundation, assieme a colossi industriali e finanziari tedeschi come Munich Re, Deutsche Bank, E.On e Siemens, illustrava per la prima volta il suo programma temerario: costruire decine di grandi centrali ad energia solare termodinamica nel deserto del Sahara per produrre elettricità da portare in Europa. Un piano visionario d’impronta ecologista (non a caso la "paternità" del Desertec appartiene al vecchio Club di Roma), con un obiettivo a lunghissima scadenza: produrre con il sole e il vento d’Africa energia capace di alimentare la crescita delle nazioni dell’area e, soprattutto, coprire il 15 per cento del fabbisogno energetico europeo entro il 2050. Serviranno 400 miliardi di euro per riuscirci, avvertivano fin dall’inizio i membri del consorzio, che da quel momento si sono presi tre anni per studiare la fattibilità tecnica e finanziaria del progetto. Un lavoraccio, considerato che, secondo le stime, le centrali termodinamiche necessarie a raggiungere l’obiettivo del 15 per cento, cioè 585mila Mw di potenza, dovrebbero coprire complessivamente un’area di deserto pari a un quadrato di 67 chilometri di lato.Passato un anno,l’intuizione Desertec ha fatto i suoi importanti passi avanti. Alle 12 aziende che hanno fatto partire il progetto si sono aggiunti altri cinque colossi: l’italiana Enel Greenpower, la francese Saint Gobain, la spagnola Red Electrica, la marocchina Nareva e l’americana First Solar. Poi il nuovo commissario europeo all’Energia, il tedesco Günther Hermann Oettinger, nei primi cinque mesi di lavoro si è molto speso per questo programma così interessante per la "sua" Germania. Il commissario ha ipotizzato che la prima energia prodotta in Africa potrebbe raggiungere l’Europa già nel 2015, in anticipo di 5 anni sui programmi iniziali, ed ha incontrato i ministri dell’Energia di Tunisia, Marocco e Algeria per discutere della necessaria integrazione della rete elettrica africana con quella europea.In Nord Africa non aspettavano altro: per i governi del Maghreb il sole del Sahara, con 630mila Tw di potenza "inespressa", si sta rivelando un nuovo petrolio, più comodo da gestire e più capace di generare lavoro e ricchezza sul territorio. Il Marocco si sta già muovendo concretamente: programma di costruire centrali solari termodinamiche per 2mila Mw di potenza in 10 anni. Il primo sondaggio per la costruzione delle centrali, con un progetto iniziale da 9 miliardi di dollari, ha raccolto l’interesse di 200 aziende europee. Anche la Tunisia è al lavoro su un piano simile e la Libia sta valutando le sue possibilità. Anche se il progetto Desertec dovesse fallire per troppa audacia, gli Stati africani hanno capito che produrre energia per l’Europa può essere una grande opportunità e quindi si muovono di propria iniziativa per garantirsi una capacità produttiva di un certo peso.Mentre la Germania si prepara a catturare il sole del deserto africano, la Francia, che conosce quel continente un po’ meglio dei tedeschi, ha scelto di tenersi fuori dai giochi per muoversi con indipendenza. Parigi, che non ha un’industria del solare paragonabile a quella tedesca, ha scelto di prendere il controllo della costruzione della rete di collegamento tra i due continenti. Anche in questo caso parliamo di piani molto ricchi: le due reti oggi hanno un solo aggancio, un collegamento tra Spagna e Marocco costruito nel 1996, mentre è in lavorazione il collegamento tra Italia e Tunisia. Occorrerà realizzare una connessione molto più potente per trasportare nel Vecchio Continente l’energia africana. Il 5 luglio Parigi ha tirato fuori il progetto Transgreen. Dodici aziende coordinate da Energie de France – ci sono le spagnole Veolia e Red Electrica, la francese Areva, ancora la Siemens e l’italiana Prysmian – studieranno la fattibilità della costruzione della "super rete" necessaria. Si prevede che serviranno tra gli 8 e i 10 miliardi di euro per realizzare una rete di elettrodotti di collegamento tra Africa ed Europa capace di trasportare 5 Gwh già nel 2020. Con la Spagna, la Grecia, la Turchia, ma soprattutto l’Italia, che saranno l’approdo europeo dell’energia del deserto.
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