giovedì 16 luglio 2015
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Syriza brucia. Con rammarico, con dolorosi soprassalti di dignità, con brutale presa di coscienza – i giovani militanti, soprattutto sono stati i primi ad accorgersene – la coalizione della sinistra radicale che aveva portato il proprio leader Alexis Tsipras sugli scudi sta scoprendo che il sogno para–sessantottino della fantasia al potere si è sgretolato. Un drastico ritorno alla realtà, ancor più amaro considerando che a frantumare la Primavera di Syriza non è stato lo scontro con l’ordoliberalismo di Wolfgang Schäuble e la politica monetaria di Angela Merkel, né con l’"Europa dei droghieri" (antica definizione spregiativa della solerte burocrazia di Bruxelles interessata unicamente al rispetto delle regole e alla precisione millimetrica dei conti) e neppure con l’"armata delle tenebre" della signora Lagarde: il sogno di Syriza, di questo si vanno rendendo conto in queste ore dolenti ma cruciali migliaia di militanti e sostenitori, ha fatto naufragio su se stesso. Il mesto rosario di dimissioni fra dirigenti e ministri è solo uno dei sintomi visibili. Dopo il primo clamoroso ritiro di Yanis Varoufakis, dopo l’abiura del ministro dell’Energia Panagiotis Lafazanis, ieri anche il viceministro delle Finanze Nantia Valavani (se pure inseguita dal malevolo sospetto di aver prelevato 200 mila euro in deroga alle restrizioni bancarie) ha lasciato il suo incarico alla vigilia del voto, in segno di protesta contro l’accordo raggiunto da Atene con i creditori. Subito dopo si è dimesso anche il segretario generale del ministero, Manos Manousakis. «Non posso più essere un membro di questo governo – ha spiegato la signora Valavani –: il programma di aiuti sarà una pietra tombale che impedirà la crescita per molti anni». Considerazione, questa, non molto dissimile dalle proiezioni fatte dal Fondo Monetario Internazionale, secondo cui il debito greco è insostenibile e salirà al 200% del Pil nei prossimi due anni. E se ministri e dirigenti lasciano le poltrone, metà del comitato centrale di Syriza – 109 membri su 201, secondo il quotidiano Ekathimerini – si schierava contro l’accordo raggiunto con i creditori e spingeva per un secondo quanto improbabile "no". L’inconsistenza politica di Syriza di fronte al dramma nazionale di un catalogo di misure economiche che sta trasformando la Grecia in una sorta di protettorato europeo a guida germanica si specchia perfettamente nell’antropologia movimentista che ne sta alla base, un brodo di coltura che all’origine radunava di tutto, dai fuoriusciti del Pasok agli scontenti del Kke (il partito comunista greco), dai verdi agli anti–global, fino (in certa misura) all’area antagonista, la stessa che ora Tsipras maggiormente teme e di fronte alla quale (come già uno dei suoi idoli giovanili, Emiliano Zapata) il premier schiera attorno alle sedi del governo i reparti anti–sommossa. Si piange in piazza Syntagma, si bruciano le bandiere purpuree di Syriza, ad accendere i falò sono giovani donne deluse, impiegati senza lavoro né più speranze, pensionati che alla fiammata radicale di Tspiras affidavano l’orgoglio di una rivincita dopo anni di frustrazione e di ristrettezze. Ed è il sogno a consumarsi, assieme alle bandiere.Il risultato è che oggi Syriza rischia davvero di svanire come una "parentesi di sinistra" mentre Alexis Tsipras rimane. Costretto a un bagno di realismo che a suo tempo gli ha fatto guadagnare l’accusa da parte gauche ellenica di essere un collaborazionista amico di industriali e corrotti, il giovane leader si è visto costretto a sconfessare, anzi a smontare pezzo per pezzo quel Programma di Salonicco che nel settembre dello scorso anno era stato la piattaforma del suo successo elettorale. Oggi il pueblo di Syriza invoca il ritorno all’impossibile purezza delle origini, al trozkismo immaginario di una rivoluzione permanente, come ha fatto (forzando non poco le proprie prerogative) la presidente del Parlamento Zoi Constantopoulou in apertura della seduta, invitando i deputati a votare "no" al piano di austerità: «Questo Parlamento – ha sentenziato –  non deve accettare il ricatto dei creditori. Nella piena consapevolezza di quanto sia cruciale il momento, penso sia dovere del Parlamento non consentire che si realizzi questo ricatto».«Chi ha una soluzione alternativa, venga a dirmela», ha esordito Alexis Tsipras di fronte alla Boulé dei Trecento. Epitaffio perfetto per il funerale simbolico di una brigata che cercava di tenere assieme il keynesismo marxista di Varoufakis con i nostalgici della dracma ed ora sarà già un successo se terrà insieme una maggioranza parlamentare senza dover ricorrere a nuove elezioni. Ma a quel punto Tsipras politicamente sarà già altrove. La lezione di realismo l’ha imparata a proprie spese.
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