Alcuni ciclo-fattorini a lavoro - Archivio
Gli ultimi dati parlano di una platea, sottostimata, di almeno 60mila ciclo-fattorini (questo il numero totale indicato dal pm di Milano, Francesco Greco, per la regolarizzazione dei collaboratori delle prime quattro società) e di un settore, quello della consegna di cibo a domicilio, che nel 2020 ha fatturato 900 milioni di euro, quattro volte di più rispetto al 2018, anche se i profitti sono ancora lontani. I lavoratori della Gig economy o dell’economia on demand - ossia tutti quei lavori mediati da un App - sono tra i 700mila e un milione secondo una ricerca della Fondazione Rodolfo Debenedetti. Di questi circa il 10% è rappresentato dai rider. Ma il dato più significativo è che oltre il 70% è costituito da lavoratori occasionali: il 50% lo fa per 1-4 ore a settimana e il 20% per 5-9 ore. L’età media è molto giovane, il 78% è under 30, con un ricambio elevatissimo. Questo il quadro che emerge dai dati oggi a disposizione.
La giungla dei contratti di lavoro. Sono quasi tutti inquadrati dal punto di vista contrattuale con diverse formule del lavoro autonomo, mentre cominciano a farsi strada inquadramenti come dipendenti. Il 10% sono inquadrati come co.co.co., mentre il 50% con contratto di collaborazione occasionale a ritenuta d’acconto. Il 50% è pagato a consegna mentre il 20% è pagato a ora.
La soluzione contrattuale proposta da Orienta per gestire i dipendenti: il contratto di somministrazione. L’esigenza sollevata è quella di fornire maggiori tutele a questi lavoratori senza minare la necessità di una gestione flessibile ed elastica di questa modalità lavorativa. La migliore soluzione in questo senso è il contratto di somministrazione, un contratto di lavoro subordinato e che ricondurrebbe anche la gestione della flessibilità di questi lavoratori nell’ambito del lavoro dipendente. Questo contratto prevede la possibilità di essere attivato anche per un solo giorno (massimo di flessibilità) e allo stesso tempo contiene tutte le tutele e le garanzie tipiche del lavoro dipendente (massimo delle tutele): retribuzione minima garantita, ferie, Tfr, contributi Inps, Inail, contributi per la disoccupazione, sanità e così via. Si tratta, formalmente, di un contratto da dipendente flessibile. Inoltre, il contratto di somministrazione prevede delle tutele aggiuntive a quelle classiche del lavoro dipendente garantite dal sistema di bilateralità del settore, come: formazione, acceso al credito, forme di sostegno al reddito integrative, per la maternità, per l’asilo nido, per la non autosufficienza, per la mobilità. Si tratta di un vero e proprio sistema di welfare integrativo per la flessibilità.
L’idea di fondo, quindi, è quella di ricondurre questa tipologia lavorativa nell’ambito del lavoro dipendente in modo da gestire tutta la componente flessibile e saltuaria dei rider con il contratto subordinato al contempo più flessibile e tutelante che offre il nostro ordinamento normativo, la simministrazione. Un’ipotesi non in contrasto ma complementare al recente accordo di Just Eat che ha inquadrato diversi rider come lavoratori dipendenti con uno specifico contratto aziendale.
«Il contratto di somministrazione consente a un lavoratore di avere tutte le tutele del lavoro subordinato anche per periodi lavorativi brevi e discontinui e alle aziende che utilizzano questa tipologia contrattuale di poter attivare un rapporto di lavoro in modo flessibile e senza nessun aggravio burocratico – spiega Giuseppe Biazzo, ad di Orienta Spa, una delle principali Agenzie per il lavoro italiane -. Ci sono molti settori economici come quello delle pulizie, della ristorazione, dei servizi alla persona e così via in cui ci sono esigenze simili a quelle del food delivery e in genere a quelle della Gig economy che ricorrono alla somministrazione per gestire la flessibilità. Certo, probabilmente ci sarà bisogno di un intervento legislativo per rendere più conforme la somministrazione alla Gig economy, ma questo è lo strumento migliore che abbiamo sul tappeto per conciliare flessibilità e tutele».