giovedì 19 agosto 2010
Le forti incertezze del quadro politico potrebbero mettere a repentaglio l’ultimo quadrimestre dei collocamenti dei nostri titoli di Stato . Da qui a fine anno vanno a scadenza oltre 150 miliardi che vanno rifinanziati, cioè sostituiti con titoli nuovi. È un volume che non ha eguali nel resto d’Europa.
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La liquidità è tutto, di questi tempi. Le tensioni sui mercati finanziari si sono stemperate dopo il buon andamento, lunedì, dell’asta di titoli irlandesi per 1,5 miliardi di euro. Ma per l’Italia c’è una grossa incognita dietro l’angolo: le forti incertezze del quadro politico potrebbero mettere a repentaglio l’ultimo quadrimestre dei collocamenti dei nostri titoli di Stato. Da qui a fine anno vanno a scadenza oltre 150 miliardi di titoli del debito pubblico italiano che vanno rifinanziati, cioè sostituiti con titoli nuovi. È un volume che non ha eguali nel resto d’Europa, eppure la politica sembra essersi improvvisamente scordata della crisi economica e di quello che potrebbe accadere se una delle prossime aste dovesse produrre esiti inferiori alle attese.Già la prossima settimana si avranno le prime indicazioni dopo la pausa di Ferragosto; il clou sarà però a settembre quando - proprio in concomitanza con la prima resa dei conti nella maggioranza - scadranno 52 miliardi fra Bot, Btp e Ctz, il "pacchetto" più corposo in quest’ultimo scorcio dell’anno. E dire che è passato solo un mese da quando il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, richiamò tutte le parti politiche sostenendo che «nessuna può sottrarsi alla responsabilità collettiva di alleggerire il debito che abbiamo accumulato», che è il terzo a livello mondiale, pari al 118% in rapporto al Prodotto interno lordo. Uno stock che ha superato ormai i 1.800 miliardi (1.821,98 a giugno scorso) e che comporta un’ottantina di miliardi di soli interessi annui.Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, dissimula l’"ansia" da asta ostentando tranquillità, forte del grafico con lo spread (il differenziale di rendimento) fra il classico riferimento del Bund tedesco a 10 anni (luglio 2020) e il nostro equivalente Btp: ancora ieri gli operatori finanziari hanno mostrato interesse sul mercato secondario per i titoli italiani, facendo oscillare lo spread attorno a un abbastanza tranquillo livello di 144 punti base (la Grecia, per dire, è arrivata sopra gli 830), ben al di sotto dei 179 punti registrati nel periodo più critico, ai primi di giugno.A Tremonti va riconosciuto il merito di aver orientato l’attenzione dei suoi colleghi europei dalla mole del debito italiano, alle prese con un semestre (il primo del 2010) che è stato il più difficile di sempre nella zona dell’euro, alla nostra capacità di contenere meglio di altri il deficit annuo, pur in presenza di una caduta del 5% del Pil avuta nel 2009, e a un livello di debito privato decisamente più contenuto rispetto agli altri stati. Con il varo, nelle scorse settimane, della manovra da 25 miliardi è stato dato ai mercati il segnale che l’Italia non deraglia dai binari del risanamento dei conti. E il costo dei Credit default swap, cioè le assicurazioni sul "rischio-Italia", ha registrato nei primi 7 mesi i peggioramenti più modesti nell’eurozona.Finora, insomma, tutto è andato per il meglio. Al 31 luglio scorso il Tesoro ha piazzato sui mercati 315 miliardi in titoli pubblici a breve, medio e lungo termine. Portando a casa già il 65% della raccolta prevista per il 2010, anno in cui l’Italia deve rifinanziare debiti in scadenza per circa il 20% della consistenza complessiva, cui si aggiunge la necessità di finanziare il fabbisogno maturato nell’anno. Di recente Maria Cannata, il dirigente generale del Tesoro meglio conosciuta come «il guardiano del debito» (è a capo della relativa direzione), ha osservato con soddisfazione che «il collocamento dei titoli è proseguito normalmente in un contesto di mercato tutt’altro che normale», con un unico momento di apprensione sulle aste a un anno fra metà maggio e metà giugno.L’attesa è ora per lunedì prossimo, quando verranno rese note le tipologie delle prossime aste a medio-lungo termine. Con tutta probabilità il Tesoro sfornerà un nuovo decennale che potrebbe essere offerto all’asta di fine mese (il 30) e con una cedola che potrebbe calare al 3,75 o 3,50%, contro quella del 4% che è l’attuale benchmark di riferimento. Giovedì 26, poi, va in scena un’asta di Bot a 6 mesi e di Ctz, mentre il giorno dopo toccherà ai Btp legati all’inflazione. Prima dei "picchi" attesi per settembre, novembre (in scadenza altri 35,9 miliardi di titoli) e dicembre (30,05 miliardi). Finora né la violenta crisi della Grecia né le fibrillazioni, sul piano interno, prodotte dagli attriti fra Berlusconi e Fini sono riuscite a scalfire le aste del Tesoro. Tirare troppo la corda, però, sarebbe dannosissimo: un rialzo anche minimo degli interessi farebbe schizzare subito di 6-7 miliardi la spesa annua dello Stato.
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