Ansa
Qualcuno già la chiama l’era della rinuncia e non è difficilissimo capire il perché. Il caro-energia e l’impennata dell’inflazione, gli stipendi fermi al palo, i risparmi ormai erosi da un biennio in cui si è tirata la cinghia: per le famiglie italiane è il tempo delle scelte, scelte che, sul fronte dei consumi, implicano appunto più di un sacrificio. Lo si è visto questa estate, con il calo del turismo, lo si nota nelle frequenti rilevazioni sulla propensione agli acquisti, lo certifica, una volta di più, l’ultimo dato sulle vendite al dettaglio diffuso oggi dall’Istat, che parla di un -4,5% di volume di merci vendute rispetto a un anno fa (-0,2% a luglio), a fronte di un aumento del 2,7% in valore (+0,4% a luglio). Si è costretti dunque a spendere di più per comprare meno, una tendenza che emerge netta anche dall’anteprima del rapporto Coop su consumi e stili di vita presentata ancora oggi e che definisce appunto gli italiani ormai come un popolo (giocoforza) campione nelle rinunce.
Calano le compravendite immobiliari, l’acquisto di auto e anche i beni tecnologici fanno segnare un -40%: nell’ultimo anno gli italiani hanno acquistato 1,3 milioni di telefonini in meno, un’enormità. I carrelli della spesa (l’inflazione per i beni alimentari sfiora ancora la doppia cifra) diventano sempre più leggeri: -3% la variazione delle vendite a prezzi costanti nel primo semestre dell’anno, mentre per tutti gli altri beni si fa largo l’usato. Ben 33 milioni di italiani, nell’ultimo anno, hanno venduto o acquistato beni di seconda mano. L’inflazione, sottolinea il rapporto Coop, ha abbattuto negli ultimi due anni il potere d’acquisto di 6.700 euro pro capite, mentre il lavoro, che nel 2023 ha toccato il livello record di 23,5 milioni di occupati, non paga quanto dovrebbe. Il 70% delle persone che lavora dichiara infatti di avere necessità di almeno una mensilità in più per condurre una vita dignitosa.
Per far fronte agli aumenti, si aggiunge lavoro al lavoro, mentre solo un italiano su quattro dichiara di poter condurre la stessa vita di qualche anno fa e il solco tra le retribuzioni degli over 45 e quelle dei più giovani diventa sempre più profondo.
Anche la classe media diventa sempre più povera e si consolidano nuove tendenze, come quelle descritte dall’Istat che vedono volare gli acquisti di cibo low cost, con i discount alimentari che da gennaio a luglio di quest’anno fanno segnare un aumento delle vendite in valore del +9,7%. Siamo comunque allo slalom dei punti vendita, laddove si cambia negozio, supermercato o discount alla ricerca delle promozioni per i diversi prodotti. C’è certamente più attenzione agli sprechi, senza contare, sottolinea Coop, che il calo è più netto per le vendite dei prodotti di marca, mentre i prodotti con il marchio del distributore, che garantiscono un prezzo inferiore a fronte comunque di una discreta qualità, trovano sempre più spazio nel carrello della spesa. Una famiglia su quattro della classe media sostiene tra l’altro di non essere in grado di far fronte ad una spesa imprevista di 2mila euro, mentre ben il 35% della fascia di reddito più bassa non riuscirebbe nemmeno a reggere un imprevisto da 800 euro.
Di fatto, nel complesso la spinta dei consumi è su un punto di non ritorno: ben il 36% degli italiani intende ridurli, tagliando tra l’altro le occasioni conviviali, mentre solo l’11% è convinto di aumentarli. Già oggi il 10% degli italiani dichiara di non arrivare a fine mese e un ulteriore il 23% ci arriva ma teme costantemente di non farcela. Anche se in un qualche modo si sbarca il lunario, si fanno grandi rinunce (20%) o comunque dei sacrifici.
«Il salario minimo è una misura giusta, così come va realizzato il taglio del cuneo fiscale», è l’appello al governo di Marco Pedroni, presidente Ancc-Coop. Da parte sua Maura Larini, presidente di Coop Italia, chiede nuovamente all’industria di «lavorare insieme per recuperare volumi e trovare un equilibrio di prezzo da proporre ai nostri clienti». Il 1° ottobre è previsto l’avvio del trimestre anti-inflazione annunciato dal governo dopo un’intesa con la grande distribuzione: il patto salva-spesa dovrebbe essere siglato all’inizio della prossima settimana. I negozi che aderiranno all’iniziativa dovrebbero esporre un bollino tricolore. Per le famiglie vorrebbe dire prezzi bloccati su un paniere di beni fino a fine anno, ma anche altre iniziative commerciali a favore dei consumatori. Le associazioni dell’industria alimentare, però, finora non ne hanno voluto sapere, citando i continui rincari delle materie prime ed eventuali problemi con l’Antitrust.
Un canale di dialogo è comunque aperto. Alla presentazione dell’anteprima del rapporto Coop oggi a Milano, il presidente di Federdistribuzione Carlo Alberto Buttarelli era seduto accanto ad Alessandro d’Este, vicepresidente di Centromarca. E proprio domani al ministero delle Imprese dovrebbe tenersi un incontro al quale dovrebbero partecipare, oltre alla stessa Centromarca, anche associazioni come Federalimentare e Ibc. «I canali per la difesa del potere d’acquisto sono assolutamente aperti – ha evidenziato ieri d’Ese –. Ma non possono esserci dei cartelli». I dati evidenziano «una situazione economica complessa per le famiglie», ha osservato da parte sua Buttarelli, parlando di abitudini di acquisto «orientate sempre più verso un'ottica di risparmio e convenienza». Occorre agire in fretta se l’obiettivo è quello di un’inversione di tendenza e di maggior sostegno alle famiglie.