Sull'eurozona cade «l'inverno della recessione» che «in Italia è iniziata prima e risulterà più marcata» rileva il Centro studi di Confindustria. Che prevede un crollo del Pil di due punti percentuali tra la scorsa estate e la prossima primavera. Le stime per il 2012 sono state tagliate dal +0,2% al -1,6%, per il 2011 dal +0,7% al +0,5%. Confindustria giudica «molto probabile che si attenui il reintegro delle persone in Cig, aumentino i licenziamenti, il tasso di disoccupazione salga più velocemente e raggiunga il 9% a fine 2012». Con altre 219mila persone occupate in meno il biennio 2012-2013 si chiuderà con un calo di 800mila lavoratori da avvio crisi a inizio 2008.La manovra - per il CsC - è «un primo passo nella direzione della crescita». Ne servono su «mercato del lavoro, ammortizzatori sociali, infrastrutture, costi della politica, semplificazioni amministrative, giustizia civile, istruzione e formazione, ricerca e innovazione, lotta a evasione accompagnata da abbattimento delle aliquote». Le analisi del Centro studi di Confindustria «evidenziano quanto la crisi abbia falcidiato i posti di lavoro tra i giovani (-24,4% per i 15-24enni, -13% per i 25-34enni da metà 2008 a metà 2011; + 6,6% per gli over 45enni)». Penalizzati«i maschi (-3,4%; zero tra le donne) e chi ha una minore istruzione (-10,6% per quanti hanno solo la licenza media, +3,1% per i diplomati, +3,9% i laureati)».«Le violenti ricadute della disgregazione della moneta unica possono essere solo congetturate», dice il Centro studi di Confindustria. Che crede nel «lieto fine», ma analizza così «la posta in palio»: per «alcune simulazioni riguardanti le quattro maggiori economie dell'eurozona, nel primo anno il Pil crollerebbe tra il 25 d il 50%, svanirebbero tra i sei e i nove milioni di posti di lavoro in ciascuna di esse, i deficit e i debiti pubblici raggiungerebbero valori da immediata insolvenza perfino in Germania».«L'esito più probabile» della crisi è una ripresa «dalla tarda primavera 2012»: il Centro studi di Confindustria crede nel «lieto fine» ma avverte che saremo a un bivio «senza mezze misure» con dissolvimento dell'euro, fallimento di imprese e banche, milioni di posti lavoro persi, crisi del debito anche nei Paesi virtuosi.