Il presidente di Confindustria Carlo Bonomi - Ansa
«Scenario molto incerto» per l’economia nazionale. Il Centro studi di Confindustria, nel consueto rapporto mensile Congiuntura Flash fotografa le contraddizioni in atto che fanno presagire una riduzione della crescita nei prossimi mesi.
Ieri Bankitalia ha diffuso le stime sul Pil: nel 2022 dovrebbe crescere del 3,2% e dell'1,3% nel 2023 contro il +2,6 e 1,6% dell'area euro. Ma il blocco del gas da parte della Russia, come ritorsione alle sanzioni per l'invasione dell'Ucraina, porterebbe ad una situazione assai meno rosea con un misero +1% quest’anno, grazie ad un effetto "trascinamento", e ad un calo del 2% nel 2023.
Per Confindustria la dinamica del Pil italiano è la risultante di fattori che stanno agendo «in senso opposto tra loro». In senso negativo sulla crescita agiscono i rincari dell'energia, ormai ai massimi, e delle materie prime agricole che comprimono i margini delle imprese e spingono in alto l'inflazione riducendo il potere d'acquisto delle famiglie e il rialzo dei tassi e degli Spread. In senso positivo, invece, agiscono il boom delle costruzioni e il recupero del turismo grazie alla fine delle restrizioni Covid e alla stagione particolarmente calda, la resilienza dell'industria (grazie alla sua diversificazione e al traino dei primi due settori). La ripresa dei servizi, nonostante l'inflazione, sottolinea il Centro studi, è sostenuta dal risparmio accantonato dalle famiglie durante la panedmia mentre l'euro indebolito sul dollaro aiuta l'export, ma alza i prezzi dei beni importati.
L'industria vive la stessa situazione dell’andamento del Pil, prodotta da forze contrapposte. «Gli indicatori continuano a fornire segnali discordanti: il Pmi è in discesa (50,9 a giugno, da 51,9), ormai vicino alla stagnazione; l'indagine Banca d'Italia segnala un peggioramento della domanda e maggiore incertezza nel 2° trimestre mentre la fiducia delle imprese manifatturiere registra un piccolo recupero a giugno, dopo un lungo calo. La produzione industriale, in calo a maggio, è in aumento nella media del 2° trimestre, con una dinamica nella prima metà del 2022 che, pur rallentando, è ben superiore a quella tedesca e francese. «Le imprese industriali, dunque, mostrano resilienza», annota ancora il Csc. Prosegue, anche se con minore forza, il trend di espansione delle costruzioni.
Il pericolo principale è rappresentato dal'inflazione che in Italia continua a salire e ha già toccato valori record, +8% annuo a giugno, come non si vedevano dal 1985, dopo gli shock petroliferi. Si sta facendo «più persistente» mettendo a rischio in maniera che potrebbe rivelarsi «pesante» i consumi delle famiglie e la ripresa della domanda interna. Dal canto loro le imprese che già escono da un periodo complicato non riusciranno ad ammortizzare l'aumento e per evitare un'ulteriore forte erosione dei margini, che sarebbe insostenibile, lo riverseranno su vari prezzi al consumo, tenendo alta l'inflazione. Questa si tradurrà inevitabilmente in un taglio dei consumi con il rinivo dell’acquisto di beni considerati "non essenziali" perché alimentari ed energia sono incomprimbili. Lo scudo rappresentato dai risparmi accumulati dalle famiglie durante la pandemia tenederà man mano ad esaurirsi e quel punto il crollo dei consumi sarà consistente.
Per l’export infine le «prospettive sono difficili». Il valore dell’export è in aumento, per effetto della crescita dei prezzi, ma il volume è stabile. In aumento le vendite extra-Ue a maggio (+4,7%), con forte contributo del mercato Usa dove le merci italiane sono favorite dall’indebolimento dell’euro; in calo, invece, le vendite in Russia e Cina.