Produzione industriale in calo dell',13% a gennaio 2022 - Ansa
La ripresa economica rallenta sotto il peso dell’inflazione, del caro energia e della carenza di materie prime. Nel 2022 si assisterà ad una frenata della crescita del Pil (che nel 2021 ha fatto registrare un balzo del 6,5% in più elevato dal 1976), prevista dagli analisti da tempo, ma che potrebbe avere una consistenza superiore alle attese. Da più parti arrivano segnali di sofferenza e previsioni non proprio rosee per il futuro. Confindustria stima un mese di gennaio particolarmente negativo con la produzione industriale in forte caduta: un -1,3% che si aggiunto al calo dello 0,7% di dicembre. Il centro studi dell’associazione degli industriali sottolinea come la contrazione sia dovuta al caro-energia (il costo dell’elettricità ha fatto segnare un +450% a gennaio 2022 su gennaio 2021) e al rincaro delle altre commodity che comprimono i margini delle imprese e, in diversi casi, rendono non più conveniente produrre. A questo si sommano le persistenti strozzature lungo le catene globali del valore. Questa dinamica – avvertono gli economisti di via dell'Astronomia – mette a serio rischio il percorso di risalita del Pil, avviato lo scorso anno. L'inversione di tendenza della dinamica dell'attività industriale è coerente con l'andamento dei principali indicatori congiunturali. In particolare l'insufficienza di materiali e la scarsità di manodopera hanno toccato i valori massimi degli ultimi dieci anni. Significativi anche gli aumenti senza precedenti dei costi di esportazione e dei tempi di consegna.
Confcommercio rivede al ribasso le proprie stime sul Pil per quest'anno: dal 4% stimato a dicembre al 3,5-3,7%. Il dato lo ha anticipato il direttore dell'Ufficio studi della Confederazione, Mariano Bella, durante la presentazione di un rapporto sul Sud e il Pnrr, spiegando che nelle prossime settimane arriverà il dato ufficiale. Il governo al momento prevede per quest'anno una crescita del 4,7%. Confcommercio ha messo l’accento sui ritardi che il Sud deve colmare e che rischiano di rallentare la ripresa nazionale: da quello legato all’occupazione femminile (crollato al 33% contro il 63% del Nord) alla crisi demografica con la perdita in dieci anni di 600mila abitanti. «Il successo del Pnrr è un obiettivo sfidante a livello nazionale ma lo è ancor di più per il Mezzogiorno» ha sottolineato Bella.
Sul fronte dell’occupazione a lanciare un nuovo grido d’allarme sul drastico calo dei lavoratori autonomi legato alla pandemia è la Cgia di Mestre. Partite Iva, artigiani, esercenti, piccoli commercianti e liberi professionisti – già in calo dal 2015 – sono stati decimati in questi due anni di Covid. All'appello, infatti, mancano 321mila microimprenditori. Se a febbraio 2020 (mese pre-pandemia) erano 5,2 milioni, a dicembre (in base ai dati Istat) sono scesi a 4,9 milioni con un calo del 6,2%.