Marco Granelli, presidente di Confartigianato ha lanciato l'allarme sugli abusivi - Ansa
La concorrenza sleale degli abusivi rischia di mettere in ginocchio gli artigiani e le micro-imprese reduci da due anni di pandemia e alle prese con aumenti dei costi, dall’energia alle materie prime, fuori controllo. Parrucchieri ed estetisti, ma anche tassisti, traslocatori, idraulici e muratori devono fare i conti con gli irregolari che propongono prezzi più bassi, forniscono servizi di qualità inferiore e non pagano le tasse.A denunciare le cifre di un fenomeno che l’attuale congiuntura economica, con l’inflazione alle stelle e il minore potere d’acquisto delle famiglie, rischia di amplificare, è uno studio di Confartigianato. Sono quasi 710mila le aziende italiane maggiormente esposte alla concorrenza sleale ad opera di un milione di operatori abusivi che si spacciano per imprenditori, ma che in realtà sono sprovvisti delle competenze adeguate e non rispettano le regole. È irregolare il 14% dei soggetti che svolgono attività indipendente: percentuale che è cresciuta di 0,6 punti percentuali rispetto a dieci anni fa. In particolare i rischi maggiori di infiltrazione abusiva li corrono 587mila imprese artigiane, soprattutto nei settori dell'edilizia, dell'acconciatura ed estetica, dell'autoriparazione, dell'impiantistica, della riparazione di beni personali e per la casa, del trasporto taxi, della cura del verde, della comunicazione e dei traslochi. Il presidente di Confartigianato Marco Granelli presentanto l’analisi ha chiesto "tolleranza zero" per «un fenomeno che sottrae lavoro e reddito ai piccoli imprenditori e risorse finanziarie allo Stato, oltre a minacciare la sicurezza e la salute dei consumatori». Confartigianato ha lanciato una campagna nazionale di informazione contro l'abusivismo dal titolo "Occhio ai furbi! Mettetevi solo in buone mani". Tre gli obiettivi dell'iniziativa: mettere in guardia i consumatori dal rischio di cadere nelle mani di operatori improvvisati con la speranza di risparmiare; valorizzare la qualità, il rispetto delle norme e sicurezza del lavoro dei veri artigiani e infine richiamare le istituzioni ad un'azione di contrasto capillare all'evasione fiscale e contributiva.
Allargando il campo d’azione Confartigianato quantifica in 3,2 milioni i lavoratori irregolari e gli operatori abusivi in Italia nei diversi settori produttivi: veri e propri "fantasmi", che popolano il sommerso, quel mondo parallelo che vale 202,9 miliardi di euro e rappresenta l'11,3% del Pil e il 12,6% del valore aggiunto, in cui non esistono regole e che produce danni ingenti alle imprese, alla sicurezza dei consumatori, alle casse dello Stato. Per numero di occupati si tratta del terzo settore più numeroso dell'economia italiana, preceduto dai servizi, che contano 16,3 milioni di addetti, e dal manifatturiero che ne ha 4 milioni.
Abusivismo e lavoro sommerso non risparmiano nessuna regione d'Italia, ma il Mezzogiorno ha il record negativo con il tasso di lavoro irregolare pari al 17,5% del totale, mentre il Centro Nord si attesta sul 10,7% e il Nord Est si ferma al 9,2%. Maglia nera per la Calabria, dove non è regolare un quinto (21,5%) degli occupati della regione, seguita da Campania (18,7%), Sicilia (18,5%), Puglia (15,9%), Molise (15,8%) e Sardegna (15,3%). Il tasso più basso di lavoro irregolare sul totale degli occupati (8,4%) si registra nella Provincia autonoma di Bolzano.Le stime contenute nell'analisi di Confartigianato però rovesciano i luoghi comuni: è nel Nord, dove si fanno più affari, che si annida il maggior numero di abusivi che si fingono imprenditori. La classifica regionale vede infatti in testa la Lombardia dove l'economia sommersa ne arruola ben 130mila. Seguono la Campania con 121mila, il Lazio con 111mila e la Sicilia con 95mila. A livello provinciale, Roma batte tutti con 84mila abusivi, seguita da Napoli con 59mila e Milano con 47mila.