ANSA/FLAVIO LO SCALZO
Il mondo comincia ad essere “non assicurabile”? È questo uno dei costi nascosti, e neanche tanto, del cambiamento climatico? La vera “carbon tax”? A livello globale Munich Re ha certificato per il 2023 una perdita di circa 250 miliardi di dollari per le catastrofi naturali, una cifra monstre che tiene conto di tutti gli eventi estremi che hanno travolto il pianeta. La somma, non lontana da quella del 2022, comprende anche 95 miliardi di dollari di perdite assicurative: erano 125 miliardi nel 2022 per una media di 105 miliardi negli ultimi cinque anni. Per i bilanci delle compagnie assicurative, gli eventi meteo estremi si stanno insomma rivelando un danno enorme, tanto che in molti Paesi, come gli Usa e l’Australia, le polizze sulla casa vedono aumenti ingenti e compagnie in ritirata. Se in Italia solo il 35-40% delle abitazioni è coperto da una protezione contro i danni da maltempo (e si crolla fino al 5% contro le catastrofi naturali), nel mondo delle imprese il dato sale all’80%, sospinto anche dall’avvicinarsi dell’obbligo assicurativo per le aziende a partire dal prossimo 31 dicembre.
Il riscaldamento del pianeta sta avendo tra le conseguenze quella di rendere più frequenti inondazioni, incendi ed eventi catastrofici, ma per i proprietari di abitazioni e imprese riuscire ad acquistare una polizza assicurativa a prezzi ragionevoli è sempre più complicato. Negli Usa molte grandi compagnie assicurative, come State Farm e The Hartford, hanno sospeso la disponibilità di nuove polizze casa in California, Stato che negli ultimi anni ha subito devastazioni senza precedenti a causa degli incendi favoriti dalle alte temperature. In Australia, l’impennata delle tariffe ha costretto 1,24 milioni di persone a rivedere le possibilità di acquisto di una polizza assicurativa. Elementi che portano all’attenzione una sfida a lungo prevista dagli ambientalisti: il cambiamento climatico renderà alcune parti del mondo, quelle più esposte alle catastrofi, semplicemente non assicurabili. «Se ci pensate, questa è forse la prima volta in cui dobbiamo portare ai consumatori il conto del cambiamento climatico», ha sottolineato al Financial Times Christian Mumenthaler, a capo di Swiss Re, uno dei maggiori riassicuratori del mondo.
Secondo il broker assicurativo Aon, lo scorso anno è stato registrato un numero record di catastrofi naturali che hanno provocato ciascuna almeno un miliardo di dollari di danni assicurati (37 eventi sulle 398 catastrofi a livello globale). Per almeno 25 di questi eventi (21 dei quali negli Usa) si è trattato di tempeste convettive, le più costose per gli assicuratori. Ancora Aon ha osservato come nel 2023, Italia, Nuova Zelanda, Grecia, Slovenia e Croazia abbiano registrato gli eventi più costosi in assoluto legati al maltempo. L’alluvione dell’Emilia-Romagna a maggio è stato il sesto evento catastrofale a livello mondiale in termini di perdite economiche, pari a 9,8 miliardi di dollari e perdite assicurate per 600 milioni di dollari, evidenziando un importante gap di protezione. La sequenza di temporali nel Nord Italia a luglio ha causato pesanti grandinate che sono costate 3,7 miliardi di euro agli assicuratori.
Certo, da un lato resta difficile predire con esattezza numero e potenza degli eventi atmosferici, dall’altro c’è chi non nasconde, nel settore, che gli effetti del cambiamento climatico negli scorsi anni siano stati largamente sottostimati dai modelli di rischio delle compagnie assicurative. La conseguenza più evidente è nell’attuale scenario in cui i prezzi delle polizze volano con aumenti senza precedenti. Difficile, spiegano alcuni analisti, che il settore possa mantenere il livello di perdite attuali sopra i 100 miliardi di dollari l’anno, ma nemmeno i consumatori sono disposti a pagare per le polizze oltre un certo livello di prezzo, con il pericolo di una generale sottoassicurazione del patrimonio immobiliare e aziendale.
Negli Stati Uniti, ma anche in Gran Bretagna e non solo, compagnie assicurative sostenute a livello statale e schemi di riassicurazione nazionale già presenti stanno a evidenziare come fondi pubblici stiano giù contribuendo a condividere i costi dei rischi climatici. In California il programma Fair plan, che offre un’assicurazione anti-incendio base ai proprietari di immobili rifiutati dalle compagnie assicurative tradizionali, ha più che raddoppiato i residenti sostenuti negli ultimi anni, arrivando a 270mila coperture. In Gran Bretagna, uno schema analogo per le abitazioni a rischio inondazione copre oggi 260mila case, rispetto alle 150mila del 2018, segno che sempre più proprietari di immobili a rischio vengono respinti dagli assicuratori. In Australia già si stima che entro il 2030 una casa su 25 non sarà coperta da polizze assicurative. E ancora peggio va negli Stati insulari: alle Barbados il 95% delle case travolte dall’uragano Elsa non aveva alcuna polizza.
In Italia il 95% dei Comuni è a rischio frane, alluvioni o erosioni costiere, ma, come detto, solo il 5% delle abitazioni e il 7% delle imprese ha una polizza contro le catastrofi, mentre il 44,2% è coperta da un’assicurazione contro gli incendi, con gran parte delle polizze legate ai mutui. La quota danni assicurati in Italia non supera oggi il 14% del totale, ponendo il nostro Paese al 29simo posto su 39 nel “Resilience Index” di Swiss Re. Il prezzo di una protezione dagli eventi meteo per un’abitazione può peraltro variare da 23 euro circa per ogni 1.000 euro assicurati in Calabria, ai circa 70 euro in Veneto. Non siamo messi benissimo, insomma, e condividiamo questo scenario con molti Paesi del mondo. Il problema, per noi e per tutti, è che il cambiamento climatico è già qui.