La Commissione europea ha dato il via libera al decreto italiano del ministero dell’Ambiente e della Sicurezza energetica sulle comunità energetiche rinnovabili (Cer). Una decisione che era attesa da mesi: il decreto era pronto già prima dell’estate e a giugno il ministero aveva mandato le integrazioni di informazioni richieste da Bruxelles.
La misura prevede incentivi per 5,7 miliardi – dei quali 2,2 finanziati con il Pnrr – tutti destinati ai territori per incentivare la produzione e la condivisione di energia rinnovabile. «Ora le Comunità energetiche rinnovabili – ha spiegato il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Gilberto Pichetto Fratin che è pronto in poche ore a firmare il decreto che andrà alla Corte dei Conti – potranno diventare una realtà diffusa nel Paese, sviluppando le fonti rinnovabili e rendendo finalmente il territorio protagonista del futuro energetico nazionale. Grazie alle Comunità energetiche, infatti, ciascun cittadino potrà contribuire alla produzione di energia rinnovabile, e averne i benefici economici derivanti dall’autoconsumo». Resta però ancora da sciogliere il dubbio sui decreti attuativi e i tempi per l’applicazione del decreto.
Come spiegato in una nota dallo stesso ministero dell’Ambiente il decreto è incentrato su due misure: una tariffa incentivante sull’energia rinnovabile prodotta e condivisa e un contributo a fondo perduto. La potenza finanziabile è pari a cinque Gigawatt complessivi, con un limite temporale a fine 2027. È inoltre previsto per le Comunità realizzate nei comuni sotto i 5.000 abitanti, un contributo a fondo perduto fino al 40% dei costi ammissibili in relazione all’investimento effettuato per realizzare un nuovo impianto o per potenziarne uno esistente.
Questa misura è finanziata con 2,2 miliardi dal Pnrr, con l’obiettivo di realizzare una potenza complessiva di almeno 2 Gigawatt. Il contributo a fondo perduto potrà essere cumulato con la tariffa incentivante entro limiti definiti. I benefici previsti riguardano tutte le tecnologie rinnovabili, quali ad esempio il fotovoltaico, l’eolico, l’idroelettrico e le biomasse. Per le Cer, i destinatari del provvedimento possono essere gruppi di cittadini, condomìni, piccole e medie imprese, ma anche enti locali, cooperative, associazioni ed enti religiosi.
Ma perché le Cer sono una risorsa importante? Per capirlo bisogna ricordare che le comunità energetiche rinnovabili sono gruppi di soggetti – tra cui piccole e medie imprese, amministrazioni locali, enti del terzo settore, religiosi, di ricerca e formazione e privati cittadini – che si associano creando una rete locale di impianti che genera e condivide energia da fonti rinnovabili (fotovoltaico, eolico, idroelettrico e biomasse). Rappresentano dunque un modello di produzione diffusa e partecipata di energia, oltre che uno strumento di cittadinanza attiva.
Sicuramente sono importanti anche per l’aspetto della transizione ecologica, per la necessità di rendere la produzione di energia più sostenibile, mantenendo gli impegni assunti dall’Italia sulla riduzione delle emissioni di CO2. Una Cer è un sistema pratico e concreto, basato su tecnologie già esistenti e disponibili, nel quale l’energia viene prodotta dove viene consumata, non si incentiva il sistema del fossile, e anche dal punto di vista economico si favorisce la comunità locale, oltre alla crescita del tessuto sociale e dell’aggregazione tra cittadini. L’aspetto più importante però resta quello economico: le Cer possono abbassare il costo dell’energia.
E questo è un fattore fondamentale in un Paese come l’Italia dove la povertà energetica riguarda oltre 2,2 milioni di famiglie che vivono in condizioni di disagio economico e le cui abitazioni sono in cattivo stato di conservazione. In altre parole, vivere in povertà energetica significa risiedere in ambienti poco salubri e non essere in grado di sostenere il costo delle bollette, quindi riscaldare, raffrescare o illuminare la casa in maniera insufficiente. Si tratta di un fenomeno in aumento, stando agli ultimi dati dell’Osservatorio italiano sulla povertà energetica (Oipe): si stima che arriveranno a vivere in povertà energetica il 12% delle famiglie italiane nel 2024.
Dalla stessa indagine, presentato durante la 5ª Plenaria dei firmatari del Manifesto “Insieme per contrastare la povertà energetica”, iniziativa lanciata nel 2021 dal Banco dell’energia, emerge anche che quattro italiani su cinque sono preoccupati dai possibili rialzi in bolletta. E viene messo in luce che le famiglie con minori sono quelle più interessate dal problema della povertà energetica per un totale di 583mila famiglie e 950mila minori coinvolti (il 10% del totale). Nel 2021 rappresentavano il 9,3% delle famiglie totali, con un’incidenza 2,5 volte più alta nelle famiglie straniere e con un ulteriore aggravarsi del fenomeno nel Mezzogiorno di oltre quattro volte rispetto alla media nazionale.
Peraltro negli ultimi tre anni il 64% degli italiani ha lamentato difficoltà nel mantenere il proprio tenore di vita: dall’epidemia di Covid-19 al conflitto russo-ucraino fino all’impennata inflazionistica e alla recente crisi in Medio Oriente sono cresciute insidie e difficoltà per gli italiani e con esse anche la preoccupazione per l’aumento dei costi energetici: l’80% degli intervistati teme i rincari in bolletta un dato più alto del 6% rispetto a quanto rilevato da Ipsos a maggio scorso, tornando sui livelli del 2021.
Su questo punto è intervenuto il presidente di A2A, azienda fondatrice del Banco dell’Energia: «I prezzi non sono quelli del 2022: sono scesi e la bolletta di quest’anno non sarà la stessa del 2022 – ha spiegato Roberto Tasca –. Questo non significa che nel 2024 torneremo ad avere i livelli del 2019 e 2020, ma sicuramente il momento è un po’ più tranquillo e favorevole. Non va diffusa ansia nel Paese». Tra l’altro il governo sta lavorando, nonostante la fine del mercato tutelato prevista per il 10 gennaio 2024 per il gas, per offrire garanzie e tutele con passaggi graduali a 4 milioni di italiani considerati vulnerabili, soprattutto anziani e famiglie a basso reddito.