IMAGOECONOMICA
Le famiglie hanno meno potere d'acquisto a causa dell'inflazione che sale e dunque si trovano ad acquistare un numero inferiore di prodotti, a prezzi più alti. L'Istat segnala che su base annua, si continua a evidenziare un aumento per le vendite in valore, più marcato per quelle dei beni alimentari, e un calo per le vendite in volume.
Istat
Su base tendenziale, ad aprile 2023, le vendite al dettaglio sono aumentate del 3,2% in valore e hanno registrato un calo in volume del 4,8%. Le vendite dei beni alimentari cresciute in valore (+6,2%) e hanno subito una flessione in volume (-5,4%), mentre le vendite dei beni non alimentari sono cresciute in misura moderata in valore (+0,4%) e hanno mostrato una diminuzione in volume (-4,4%).
Per quanto riguarda i beni non alimentari, si sono registrate variazioni eterogenee tra i gruppi di prodotti. L’aumento maggiore ha riguardato i prodotti di profumeria, cura della persona (+7,9%) mentre i prodotti farmaceutici hanno segnato il calo più sostenuto (-3,2%).
Rispetto ad aprile 2022, il valore delle vendite al dettaglio è in crescita per la grande distribuzione (+7,2%) e il commercio elettronico (+2,7%). Cresciute anche le vendite nei discount alimentari con un +9,2% in valore ad aprile sullo stesso mese del 2022 e un +9,1% nei primi quattro mesi dell'anno sullo stesso periodo del 2022. Si tratta dell'incremento più alto tra gli esercizi della grande distribuzione. «Il risultato dei discount – ha precisato la Coldiretti in una nota– evidenzia la difficoltà in cui si trovano le famiglie italiane che, spinte dai rincari, orientano le proprie spese su canali a basso prezzo rinunciando anche alla qualità».
Tra le forme distributive, hanno sofferto maggiormente le vendite nei piccoli negozi come pure quelle al di fuori dai negozi, mercati e ambulanti, che hanno visto una flessione tendenziale che non registravano da ottobre e da luglio del 2022.
L’associazione per la tutela dei consumatori, Assoutenti ha chiesto al Governo un intervento, con un paniere di beni a prezzi calmierati per tutelare i redditi delle fasce meno abbienti e sostenere la spesa. «Il segnale più allarmante arriva dagli alimentari - spiega il presidente Furio Truzzi -. Al netto degli effetti dell’inflazione, una famiglia "tipo" taglia la spesa per cibi e bevande di circa 305 euro rispetto allo scorso anno, cifra che sale a -415 euro se si considera un nucleo con due figli», che si stima possa valere quasi 7,9 miliardi di euro di tagli alla spesa.
Il peggioramento del clima di fiducia dei consumatori condiziona le scelte delle famiglie. Come segnala Federdistribuzione, che rappresenta le imprese della distribuzione alimentare e non, «a soffrire non è solo il comparto alimentare ma anche le categorie del non alimentare, in particolare l'abbigliamento, che più risentono dell'andamento meteorologico e di una stagione estiva in forte ritardo. In questa prospettiva di incertezza, occorre quindi il massimo impegno per favorire la ripresa dei consumi, attraverso il sostegno alle famiglie e alle imprese».
Parla di «caccia ai prezzi più bassi» e «slalom tra negozio, supermercato o discount alla ricerca di promozioni per i diversi prodotti» Coldiretti che ha denunciato anche la situazione di difficoltà delle imprese agricole «colpite dal maltempo che ha decimato i raccolti e dai bassi prezzi che non molti casi non coprono neanche i costi di produzione con il rischio dell'abbandono di interi territori. Occorre lavorare per accordi di filiera tra imprese agricole ed industriali con precisi obiettivi qualitativi e quantitativi e prezzi equi che non scendano mai sotto i costi di produzione come prevede la nuova legge di contrasto alle pratiche sleali e alle speculazioni».