Si allarga la forbice su disoccupazione, densità d'impresa e export. E se sono noti i divari tra le regioni italiane in termini di occupazione, oggi si ampliano anche quelli infra-regionali: si passa da un tasso di disoccupazione del 5,9% registrato nella provincia di Reggio Emilia al 14,2% di Ferrara, dal 13,6% di Avellino al 25,8% di Napoli, dal 15,5% di Taranto al 22,1% di Lecce. Lo rileva il Censis sottolineando come anche la densità di imprese attive sul territorio sia diventata più disomogenea.
Si oscilla dalle 337.837 imprese presenti nella provincia di Roma alle 13.156 di Rieti, dalle 285.677 di Milano alle 14.493 di Sondrio, dalle 225.958 di Napoli alle 30.280 di Benevento, dalle 202.114 di Torino alle 12.184 della provincia di Verbania-Cusio-Ossola.
Se nel 2005 le attività economiche romane erano 18 volte quelle del Reatino, otto anni dopo (nel 2013) sono 25 volte di più. Ed è aumentata anche la variabilità relativa al valore delle esportazioni dei territori provinciali all'interno delle singole regioni, nell'ultimo decennio
cresciuta in media di circa 1.600 euro pro-capite.
Nel 2003 il differenziale medio del valore dell'export raggiungeva i 3.300 euro per abitante, nel 2013 supera i 4.900 euro. La regione dove la variabilità tra le province risulta più elevata è la Sicilia, con agli antipodi le province di Siracusa (18.610 euro di export per abitante) e di Enna (57 euro).