Borse in profondo rosso e Milano a
guidare i cali, maglia nera in Europa in scia a Wall Street. La
batosta ai listini, fino al primo pomeriggio tutto sommato poco
mossi malgrado i timori sui paesi emergenti, è arrivata dai dati
macroeconomici Usa. Milano ha chiuso in calo del 2,63% con le
banche nel mirino mentre rendimenti e spread sono solo
leggermente aumentati: il differenziale Btp-Bund ha chiuso a 213
punti base e il rendimento decennale italiano ha terminato al
3,77 per cento.
Non molto meglio è andata a Madrid che ha ceduto l'1,96% e, a
ruota, a Parigi e Francoforte rispettivamente in discesa
dell'1,39% e l'1,29 per cento. Col risultato che, a livello
mondiale, le perdite da inizio anno delle borse viaggiano ormai
sui 2 mila miliardi di dollari.
A prendere in contropiede gli investitori è stato soprattutto
l'indice Ism dell'attività manifatturiera negli Stati Uniti,
calato a gennaio a 51,3 dai 56,5 di dicembre, sotto le attese
che lo davano fermo a 56. La brutta sorpresa costituita da
fabbriche americane, attive a una ritmo rivelatosi il più debole
degli ultimi otto mesi, ha dato il via alle vendite e ha
riportato l'attenzione degli investitori anche sui dati diffusi
a Pechino (oggi le borse cinesi erano chiuse per festività) dove
la fiducia dei responsabili agli acquisti si è ridimensionata il
mese scorso: in particolare nel comparto non manifatturiero si è
attestata ai minimi da aprile 2011.
Ma è soprattutto sui segnali di fragilità dell'economia
economia Usa che si sono concentrati gli investitori, in attesa
di eventuali conferme dai dati sul lavoro, previsti venerdì. Se
fossero deboli potrebbero peraltro rallentare il tapering (ossia
la graduale diminuzione degli acquisti di titoli governativi) da
parte della Fed: proprio oggi ha giurato la nuova presidente
Janet Jellen.
Si sono invece leggermente allentate le tensioni sui mercati
valutari dei paesi emergenti dove non si sono registrati nuovi
record anche se i valori dei cambi restano alti. Uno per tutti,
il dollaro/lira turca si è stabilizzato a 2,27 e tra gli
operatori c'è chi teme altre fiammate in arrivo con ulteriori
deprezzamenti delle monete dei paesi più deboli a partire da
Turchia, Russia e Sud Africa.