Il piccolo Dubai terrorizza le grandi Borse. L’Emirato arabo che negli ultimi cinque anni si è trasformato nell’Eldorado del turismo di lusso e ha realizzato i più mirabolanti progetti immobiliari è al collasso. Mercoledì la società statale Dubai World, 59 miliardi di debiti, ha chiesto ai suoi creditori di potere rinviare «almeno fino al 30 maggio 2010» il pagamento di tre bond, da 5,5 miliardi di dollari complessivi, di due sue aziende immobiliari controllate. Una di queste è Nakheel, 4,5 miliardi di dollari di bond in scadenza, che tra le sue costruzioni vanta la Palm Island Jumeirah, una colossale isola artificiale a forma di palma. L’altra è la Limitless, incapace di risarcire gli 1,2 miliardi di dollari avuti in prestito per realizzare i suoi progetti, compreso un canale di 75 chilometri che vorrebbe collegare l’isola a forma di palma a Dubai City.Il sistema messo insieme dallo sceicco Bin Rashid Al-Maktoum, che regna sull’Emirato, prevedeva di compensare la povertà petrolifera della sua terra con gli introiti del turismo di lusso. Ha funzionato finché l’economia mondiale non è entrata in crisi, poi il sogno arabo è finito. In questo momento Dubai non può sperare negli aiuti pubblici, perché i 59 miliardi di debito di Dubai World valgono il 70% dell’intero debito pubblico dell’emirato. Abu Dhabi, la capitale degli Emirati Arabi, ha già concesso 10 miliardi di dollari di aiuti, e si rifiuta di fare di più. Chi ha prestato i soldi che hanno finanziato l’impressionante sviluppo immobiliare di Dubai rischia di perdere gran parte del suo credito. L’agenzia Bloomberg ha fatto i nomi delle banche più esposte: tre sono inglesi – Royal Bank of Scotland, Barclays, Hsbc, Lloyds – una è svizzera, Credit Suisse.Spaventati, gli investitori europei ieri hanno cercato di liberarsi dei titoli delle banche più a rischio e delle aziende legate alla finanza araba, tra cui Porsche (-5%), Eads (-3,8%) e la stessa società Borsa di Londra (-7,2%). Tutti gruppi con una forte partecipazione di fondi di Stato degli Emirati. L’indice continentale DjStoxx600 è sceso del 3,2%, i mercati hanno bruciato 160 miliardi di euro. Milano è stata la piazza peggiore (-3,6%), Londra e Francoforte hanno lasciato il 3,2%, Parigi il 3,4%. Nell’incertezza ci si è rifugiati sugli strumenti più sicuri: Bund tedeschi e oro, salito al nuovo record di 1.195 dollari l’oncia.
L'Italia non rischia. Per le banche italiane, comunque, il rischio di crac per Dubai non dovrebbe rappresentare una minaccia. L'esposizione del sistema Italia verso la holding che gestisce il debito di Dubai "è molto contenuta", come assicura il direttore generale di Banca d'Italia, Fabrizio Saccomanni, a margine di un evento all'Abi. La situazione "non desta alcuna preoccupazione" per il nostro Paese, ha continuato Saccomanni. "Non ci sono problemi", insiste, per quanto riguarda il sistema Italia. Quanto invece alle possibili turbolenze sui mercati finanziari che potrebbero derivare da un default, Saccomanni si mostra più cauto:" Bisogna vedere cosa succede".
La situazione critica è quella inglese. Intanto ad essere più esposte nei confronti degli Emirati Arabi Uniti (e per la precisione per un ammontare complessivo di 49,5 miliardi di dollari) sono le banche americane. Lo afferma la Royal Bank of Scotland in un rapporto che si basa sui dati della Banca dei Regolamenti Internazionali, sottolineando che a giugno 2009 il totale dei prestiti delle banche europee al Paese del Golfo ammontavano a 87,3 miliardi di dollari. Rbs - riferisce l'agenzia Bloomberg - ha inoltre precisato che questi dati non includono i bond e che non sono disponibili le cifre che riguardano solo Dubai.