L'indicazione nella ricetta medica del
principio attivo funziona. La norma che
ne prevede l'obbligo, in vigore da agosto 2012, ha prodotto un vero e
proprio boom nelle vendite dei farmaci generici rimborsati dal Ssn.
Mettendo a confronto i sette mesi successivi all'entrata in vigore del
provvedimento (settembre 2012 - marzo 2013) con lo stesso periodo
dell'anno precedente, si registra infatti un aumento di circa il 25%
delle confezioni vendute. Un balzo che tocca punte record in alcune
regioni: in Calabria, ad esempio, nei sette mesi presi in analisi, la
crescita della vendita dei generici con ricetta ha fatto segnare un
+36%. È quanto emerge dai dati Assogenerici sulle vendite dei farmaci
equivalenti, elaborati dall'Adnkronos Salute.
Anche se il trend al rialzo delle vendite dei generici era già
in atto nei mesi precedenti l'introduzione della norma messa a punto
dal governo Monti, l'indicazione del principio attivo in ricetta ha
certamente accelerato la crescita. In alcuni casi raddoppiandola. I
dati di Assogenerici parlano chiaro e mostrano un quadro che sembra
aver prodotto l'effetto sperato dal legislatore: l'aumento del consumo
del farmaco equivalente anche in Italia, da sempre fanalino di coda in
Europa. Nel periodo preso in esame, la crescita delle vendite dei
generici, anche se con valori diversi ha riguardato un pò tutte le
regioni. Questo un quadro parziale, percorrendo lo Stivale da Nord a
Sud: Piemonte (+20%); Veneto (+23%); Emilia Romagna (+21%); Lombardia
(22%); Liguria (+26%); Marche (+23%); Lazio (+25%); Campania (+24%);
Basilicata (+26%); Calabria (36%). Tutte regioni, queste, che già
prima dell'introduzione della norma facevano registrare aumenti delle
vendite degli equivalenti.
Lo studio prende in esame anche le prime 10 categorie
terapeutiche del mercato di classe A (farmaci rimborsati dal Ssn) per
confezioni e spesa, e la relativa incidenza dei medicinali generici
aggiornato a marzo 2013. Analizzando la tabella, emerge che ad esempio
tra gli inibitori di pompa, farmaci gastroprotettori, il 62% delle
vendite è rappresentato da medicinali di marca e il 37% dagli
equivalenti. Anche tra i farmaci contro l'ipertensione cresce la
voglia di generico: la fetta dei 'senza marca' secondo gli ultimi dati
è pari al 29% della spesa. E ancora. Tra i betabloccanti la quota dei
generici supera ormai il 26% del mercato, mentre la spesa per gli
antidepressivi equivalenti sfiora il tetto del 20%. Insomma, anche se ancora non si raggiungono
le percentuali di vendita registrate in Europa, dove fino al 90% delle
ricette è 'senza marcà, l'introduzione dell'obbligo di prescrizione
del principio attivo sembra funzionare. Eppure la norma, in sede di
approvazione in Parlamento, ha suscitato numerose polemiche, sia
all'epoca della prima introduzione (ad agosto 2012 all'interno del
decreto sulla spending review), sia successivamente quando è stata
modificata (dicembre 2012), in occasione del via libera al decreto
'Sviluppò.
Il provvedimento prevede che "il medico che curi un paziente,
per la prima volta, per una patologia cronica, ovvero per un nuovo
episodio di patologia non cronica, per il cui trattamento sono
disponibili più medicinali equivalenti, indica nella ricetta del
Servizio sanitario nazionale la denominazione del principio attivo
contenuto nel farmaco oppure la denominazione di uno specifico
medicinale a base dello stesso principio attivo accompagnata alla
denominazione di quest'ultimo. L'indicazione dello specifico
medicinale è vincolante per il farmacista ove nella ricetta sia
inserita, corredata obbligatoriamente da una sintetica motivazione, la
clausola di non sostituibilità; l'indicazione è vincolante per il
farmacista anche quando il farmaco indicato abbia un prezzo pari a
quello di rimborso, fatta comunque salva la diversa richiesta del
cliente".
"Mi sembra che i dati sulla dispensazione dei medicinali
equivalenti - spiega il presidente di Assogenerici, Enrique Hausermann
- confermino quanto abbiamo sempre sostenuto: il ritardo dell'Italia
rispetto ai mercati europei è dovuto innanzitutto a un problema
culturale. Aver semplicemente richiesto al medico di indicare anche la
molecola accanto eventualmente al nome commerciale è stato utile a
rendere chiaro al paziente che passare all'equivalente non significa
'cambiare farmacò, ma soltanto cambiare confezione e prezzo. È stato
un intervento fondamentale perchè precedentemente all'introduzione
delle nuove norme sulla prescrizione, il nostro Paese stava rischiando
un ulteriore allontanamento dal resto d'Europa. Non credo, al di là
di ogni altra considerazione - conclude - che il nostro Servizio
sanitario potesse permetterselo".Per il segretario generale nazionale della
Fimmg (Federazione italiana medici medicina generale) lL'aumento delle vendite dei
farmaci generici va benissimo. Resta il fatto che la nuova norma che
prevede l'obbligo di prescrizione del principio attivo in ricetta crea
ancora troppa confusione. Alcuni pazienti si vedono cambiare il
medicinale di volta in volta, tanto da arrivare ad interrompere la
terapia in attesa di chiarire con il proprio medico. Secondo me la
soluzione è una: togliere la sostituibilità. I medici dovrebbero
poter scrivere il nome del generico in ricetta".Per Massimo Scaccabarozzi,
presidente di
Farmindustria, associazione che raccoglie le aziende "di marca"
, "Se l'obiettivo
dell'introduzione della norma che prevede l'obbligo di prescrizione
del principio attivo in ricetta era quella di spostare quote mercato
da un gruppo di aziende ad un altro, l'obiettivo è stato raggiunto.
Prendiamo atto che a fronte di aziende che perdono oltre il 70% del
fatturato, ce ne sono altre che invece aumentano i ricavi. Speriamo
almeno che questi profitti vengano rimessi in circolo per creare
occupazione e sviluppo".
Annarosa Racca, presidente
Federfarma, ha commentato: "I dati relativi all'aumento
dei consumi dei medicinali generici confermano che la cultura del
farmaco equivalente si è ulteriormente diffusa dopo le modifiche
normative del 2012 sulla prescrizione medica. Le farmacie apprezzano
la crescente consapevolezza dei pazienti e hanno collaborato alla
diffusione del generico fin dalla prima campagna ministeriale di
comunicazione nel 2001".
"Da allora - aggiunge Racca - le farmacie hanno contribuito
quotidianamente a sfatare pregiudizi su questi farmaci e a informare
sulla possibilità di utilizzare un farmaco equivalente e oggi i
cittadini sono ampiamente informati. L'aumento dei consumi dei
generici è anche da collegare alla situazione di crisi del Paese
perchè la ridotta capacità di spesa, o comunque il desiderio di
risparmio, induce i cittadini a preferire il farmaco per il quale non
è dovuta la quota di compartecipazione".