Cogestione o commissariamento. Per tutelare lavoro e salute, per realizzare davvero le bonifiche, «l’unica via percorribile e che anche la magistratura potrebbe accettare» è «mettere assieme azienda, governo, sindacati e tribunale». Ma «se dovesse venire fuori che l’Ilva non ha fatto niente di quello che doveva fare nei primi tre mesi di applicazione dell’Aia, è evidente che ci sarebbe sua una responsabilità e quindi toccherebbe allo Stato». Due strade precise quelle che indica il pd Francesco Boccia, presidente della Commissione Bilancio della Camera, molto vicino al premier Enrico Letta, nel passato commissario liquidatore del comune di Taranto in una vicenda drammaticamente analoga. «Non c’è alternativa. Siccome penso che quello stabilimento deve continuare a produrre, e devono essere fatte le operazioni di bonifica prescritte, l’unica strada è: ce la fa l’azienda? Sì o no? Se non ci riesce, lo fa lo Stato».
Dopo il nuovo sequestro e le dimissioni dei vertici aziendali la situazione è nuovamente impantanata.Siccome siamo tutti d’accordo nel dire che nel panorama siderurgico quel centro produttivo è strategico, non si può non discutere del suo impatto sull’ambiente e la salute. Se discutiamo laicamente di questo, non possiamo non riscontrare che, per una serie di motivi già accertati dalla magistratura, alcune fasi delle produzioni dell’Ilva hanno un impatto sul contesto ambientale che è sotto gli occhi di tutti.
Come uscirne?Io avevo fatto una proposta, in sede di conversione del decreto salva Ilva, che non venne accettata. A partire dalla vicenda Ilva ed estendendola a tutti gli altri casi simili, quando siamo di fronte a bonifiche necessarie e non rinviabili, e quando le aziende non ce la fanno da sole, bisognerebbe costituire un comitato di cogestione fino a quando le bonifiche non sono completate. Coi rappresentanti dei lavoratori, ministero dell’Ambiente, della compagine azionaria, del Tribunale.
Un altro organismo? Funzionerebbe?Io ne parlo da ex commissario liquidatore del comune di Taranto. Da quella vicenda ne siamo usciti prendendoci per mano. Vicenda drammatica non solo per il numero di creditori ma anche per la condizione sociale di Taranto. La memoria di molti è corta, ma allora abbiamo avuto migliaia lavoratori in cassa integrazione, i morti da seppellire al cimitero, gli autobus che non andavano, i cassonetti pieni di rifiuti, era il fallimento delle pubblica amministrazione. Ne uscimmo con la collaborazione di tutti. E perché lo Stato creò un fronte compatto. Promotore fu l’esecutivo Prodi, sottosegretario Letta, che istituì il "tavolo Taranto" e ritrovammo dalla stessa parte governo e procura, e anche i sindacati ci aiutarono a governare un conflitto sociale terribile.
Si può proporre oggi?C’è ancora tempo per recuperare questa proposta. Ovviamente presuppone che l’azienda abbia come riferimento assoluto la voglia di fare bonifiche. Che passa per i 3 miliardi previsti dalle prescrizioni del ministero dell’Ambiente. Se però si dovesse accertare - e questo lo potrà dire soltanto il ministro Orlando che sta facendo un ottimo lavoro - che in questi primi tre mesi da parte dell’azienda c’è stato disinteresse, è inevitabile che il governo dovrà fare una valutazione su altre strade.
Più dure?O l’amministrazione straordinaria o, come previsto dalla normativa in caso di non realizzazione delle misure dell’Aia, addirittura il commissariamento.
L’azienda dice che dopo il sequestro non può operare il risanamento.Non c’è dubbio, è un alibi.
Lei chiede collaborazione, invece sembra che si voglia tenere alta la tensione.È sempre stato così.
Di nuovo si sono scatenati i "partiti", quello a favore dei magistrati, quello contro i magistrati...Gli integralisti dell’ambientalismo a prescindere, gli industrialisti in servizio permanente, quelli che su ogni cosa pensano di polemizzare coi magistrati, facciano un giro largo dalla vicenda Taranto. Se non parlano fanno meno danni. È un problema molto serio che si risolve solo con le istituzioni che stanno tutte dalla stessa parte. Tutte.