sabato 21 marzo 2020
Il presidente di UniCredit: siglate alleanze con grandi gruppi della distribuzione per aiutare aziende fornitrici in difficoltà
Cesare Bisoni, presidente di UniCredit, classe 1944

Cesare Bisoni, presidente di UniCredit, classe 1944

COMMENTA E CONDIVIDI

Un’azione continuativa e articolata che si sviluppa su due fronti: dal campo solidale a quello del sostegno all’economia reale. In questa fase di emergenza sanitaria causata dalla diffusione del Coronavirus, UniCredit è impegnata in una serie di progetti concreti e finalizzati al superamento della crisi attuale. «Molte iniziative sono già state attivate, mentre altre sono allo studio o sul punto di essere lanciate – afferma Cesare Bisoni, presidente di UniCredit, tra le principali banche italiane ed europee –. Continueremo a fare la nostra parte anche nel prossimo futuro e comunque fino a quando questa situazione complessa e difficile da affrontare lo richiederà. Agiremo in modo trasparente seguendo il nostro motto: diciamo quello che facciamo e facciamo quello che diciamo».

Presidente, partiamo dalla solidarietà. Qual è il contributo che Unicredit sta fornendo all’Italia e alle aree particolarmente colpite dal Coronavirus?

Su solidarietà e donazioni ci muoviamo su un terreno per noi ben conosciuto, nel senso che siamo attivi da tempo. Agiamo, oltre a iniziative dirette del gruppo, anche attraverso strumenti consolidati e strategici come UniCredit Foundation, il Social Impact Banking e la Carta Etica. Finora ci siamo dedicati soprattutto all’Italia, che è uno dei Paesi più colpiti. Anzitutto, assieme alla nostra fondazione, abbiamo deciso di fornire al Dipartimento della Protezione Civile un contributo di 2 milioni di euro per l’acquisto di mascherine, materiale sanitario e dispositivi necessari a fronteggiare l’emergenza. Poi abbiamo avviato una serie di interventi specifici destinati ad aree e strutture più coinvolte in questa battaglia.

Nello specifico, dove e a chi avete destinato i finanziamenti?
Dieci giorni fa è stata lanciata una raccolta fondi – aperta fino a fine mese e riservata ai dipendenti del gruppo – per sostenere tre ospedali particolarmente impegnati in questa sfida (lo Spallanzani di Roma, il Sacco di Milano e il San Matteo di Pavia), con UniCredit Foundation che ha fatto partire la campagna stanziando un milione di euro. Due donazioni da 100mila euro ciascuna, inoltre, sono state effettuate alla Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano per progetti assistenziali e di ricerca, a cui si aggiunge lo stanziamento di un milione di euro del gruppo UniCredit. Altri 300mila euro verranno destinati agli Ospedali di Bergamo e Brescia. Infine, stiamo impiegando i fondi della Carta Etica (1,4 milioni di euro) per le emergenze su tutto il territorio nazionale, in particolare a favore delle regioni più colpite. State valutando altre iniziative? Finora ci siamo concentrati soprattutto sulla Lombardia, ma è allo studio un intervento anche in Emilia Romagna – siamo in contatto con il presidente della Regione per dare concretezza al progetto – così come in altre zone d’Italia messe più a dura prova in queste settimane. Stiamo anche sostenendo lo sviluppo di una realtà innovativa: postazioni di terapia intensiva mobili e autosufficienti per far fronte all’emergenza. All’estero, invece, finora abbiamo lanciato iniziative in Germania, Bulgaria e Romania e metteremo in campo altre azioni nei Paesi in cui siamo presenti secondo le necessità.

Sul fronte del business, invece, come vi state muovendo?
L’impatto del virus sull’economia è già rilevante. Si cominciano a sentire in modo significativo i primi effetti negativi. Nei prossimi mesi, la situazione macroeconomica rischia di diventare ancora più complessa. Ecco perché siamo intervenuti prontamente con azioni straordinarie in favore delle aziende. per esempio, abbiamo siglato alcune alleanze con grandi gruppi (Conad, Venchi, Pam, Esselunga) per aiutare le imprese fornitrici sul fronte della liquidità. Nello stesso tempo ci siamo posti come priorità la massima sicurezza per i dipendenti e la clientela: estendendo la copertura assicurativa della soluzione che proponiamo anche ai casi di contagio da Coronavirus; rafforzando i servizi di consulenza a distanza; azzerando le commissioni bancarie sui bancomat nelle zone a rischio. Per i nostri colleghi abbiamo favorito il più possibile lo smart working e ridotto a un numero limitato il numero di filiali aperte (oggi in Italia sono il 30%), garantendo il servizio nelle condizioni di maggiore sicurezza. Sono molto fiero di come tutti i colleghi stanno affrontando questa sfida.

Quale ruolo possono giocare le banche in questa fase? Sarà garantita la liquidità necessaria
all’economia reale evitando problemi di credit crunch?
Come UniCredit, il nostro impegno in questa direzione è chiarissimo. Più in generale direi che le banche stanno mostrando la piena consapevolezza del momento che sta attraversando il Paese. Gli istituti di credito giocano un ruolo rilevante, anche perché in Italia le banche sono di gran lunga la fonte primaria di finanziamento alle imprese e quindi alla attività economica.

Come valuta il decreto 'Cura Italia' da 25 miliardi varato dal governo? Il governo è fortemente impegnato, come le altre istituzioni, a fronteggiare la emergenza e questo è importante. Sarebbe lungo entrare nel merito dei singoli provvedimenti, mi pare giusto sottolineare che ognuno deve fare ogni sforzo per aiutare il Paese a superare questa fase così difficile. Come Uni Credit confermo pienamente questo impegno.

Per l’Europa, e ancor di più per l’Italia che era già alle prese con una crescita debole, la recessione è ormai una certezza?
Una fase di recessione, che riguarderà un po’ tutti i Paesi europei, sembra purtroppo inevitabile. Di grande importanza sarà l’azione dei governi e delle varie autorità politiche e monetarie.

Quale aspetto fa più paura tra crisi dei consumi, fabbriche ferme (o quasi), probabili ricadute
sul lavoro?
È difficile fare una graduatoria, perché si tratta di tre elementi chiave e fortemente interconnessi per la salute di un’economia. La domanda interna va rilanciata e siamo tutti consapevoli che e la tenuta occupazionale nel Paese rappresenta un fattore determinante per il mantenimento della coesione sociale.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: