L’economia americana sta crescendo «troppo poco» e continuerà a farlo per il resto dell’anno. Per questo la Federal Reserve è pronta a intervenire ancora, anche con strumenti non convenzionali. Le parole del presidente della Fed Ben Bernanke prima gelano, poi rassicurano i mercati. In fondo non era necessaria la sua analisi per confermare la realtà di una ripresa al rallentatore, che non riesce a mantenere il passo dei primi mesi del 2010. La lettura del Prodotto interno lordo americano pubblicata ieri dal governo Usa ha fotografato una crescita per il secondo trimestre dell’1,6%, al ribasso rispetto alle previsioni di un’espansione del 2,4%. Poteva andare peggio, ricordano gli analisti, ma rappresenta ugualmente una brusca frenata rispetto al passo del 3,7% con cui il Pil era salito nei primi tre mesi del 2010.I colpevoli principali sono due: le importazioni, che da aprile a giugno hanno registrato il maggior aumento degli ultimi 26 anni, e le persistenti difficoltà del settore immobiliare. Meglio del previsto la crescita della spesa dei consumatori, rivista al rialzo al 2% contro il precedente 1,6%, battendo l’1,9 del primo trimestre. Ma restano pur sempre numeri modesti, che rivelano come i consumatori Usa, da sempre il motore dell’economia nazionale, rimangano prudenti a causa dell’incertezza generale e dell’alto tasso di disoccupazione.Solo gli investimenti industriali hanno compensato in parte l’effetto negativo delle importazioni.In questo contesto le parole del numero uno della Banca centrale Usa hanno fornito un piccolo sollievo: la Fed non starà a guardare se l’economia rischia di cadere di nuovo nella recessione o scivola in un ciclo deflazionario. «Le prospettive di ripresa per il 2011 restano confermate», ha detto ieri Bernanke nel suo intervento al vertice annuale dei banchieri centrali. Ma se così non fosse, la Federal Reserve «farà tutto il possibile per sostenere la ripresa, anche con misure non convenzionali, se necessario, se lo scenario dovesse peggiorare». Nella sua dettagliata analisi dell’economia, Bernanke ha parlato di una crescita finora troppo lenta con un tasso di disoccupazione ancora troppo alto, che porteranno «la spesa delle famiglie a crescere a un tasso relativamente basso nel breve termine».Per il 2011, tuttavia, le precondizioni per una crescita più forte sembrano «giuste». Inoltre «sembra basso il rischio di un aumento indesiderato dell’inflazione o della disinflazione». In ogni caso, ha ricordato Bernanke, la deflazione non è un grande rischio per Stati Uniti, ma la Fed resisterà alle pressioni al ribasso sulla stabilità dei prezzi».La Fed si pone così in rotta di collisione con la Banca centrale europea, che ha dato chiari segnali di voler allentare la sua presa sull’economia, implementando una exit strategy dei massicci interventi statali resi necessari dalla recessione e concentrandosi sulla riduzione dei deficit nazionali. Resta poi la domanda, ricorrente, su cosa possa fare ancora la Fed per fornire ulteriori stimoli all’economia, quando i tassi d’interesse negli Usa sono già praticamente a zero.«Il problema ora non è se abbiamo o meno gli strumenti per aiutare la ripresa e combattere contro la disinflazione: li abbiamo – ha risposto Bernanke –. Il problema è valutare se i benefici di ogni strumento, in termini di stimoli ulteriori, superano i costi e i rischi di utilizzare tali strumenti». Fra i possibili interventi in suo potere ha poi citato l’acquisto di nuovi titoli a lunga scadenza.