L'inflazione e la ripresa nell'Eurozona
si sono rivelate più deboli delle previsioni a causa dei
crescenti rischi al ribasso, legati soprattutto al
rallentamento dell'economia cinese. È il quadro dipinto in
conferenza stampa dal presidente della Bce, Mario Draghi, che
ha comunicato la revisione al ribasso delle stime su Pil e
inflazione e ha ricordato la disponibilità di Francoforte ad
estendere il programma di quantitative easing oltre il
termine prefissato (ma flessibile) del settembre 2016.
Una prima iniziativa in senso "espansivo" è già stata
presa oggi: il tetto massimo dei titoli di Stato di un Paese
dell'Eurozona acquistabili dalla Bce in ogni singola emissione
è stato alzato dal 25% al 33% e il numero uno dell'Eurotower
ha garantito che gli acquisti di bond mensili verranno attuati
fino a raggiungere l'importo massimo di 60 miliardi mensili.
Parole che trainano i mercati in una seduta non influenzata,
per una volta, dalla volatilità delle piazze cinesi, chiuse
sia oggi che domani. Le borse europee si avvicinano alla
chiusura con rialzi in alcuni casi (Francoforte e Atene),
superiori al 3%. Positiva anche Wall Street, con il Dow Jones e
il Nasdaq che guadagnano poco meno di un punto percentuale,
grazie anche ad alcuni dati macroeconomici migliori delle
attese.
I numeri comunicati da Draghi, da soli, non avrebbero certo
dato un impulso positivo ai mercati: le stime degli esperti
dell'Eurosistema sulla crescita del Pil dell'Eurozona, rispetto
alle previsioni dello scorso giungo, scendono dall'1,5%
all'1,4% per il 2015, dall'1,7% all'1,9% per il 2016, dall'1,8%
al 2% nel 2017. L'inflazione, invece, appare destinata a
crescere di appena lo 0,1% quest'anno (+0,3% secondo le stime
di giugno) e appare probabile che scenda in territorio negativo
nei prossimi mesi prima di riprendersi (+1,1% nel 2016, +1,7%
nel 2017).
Responsabili della frenata sono i mercati emergenti, come
ha avvertito anche il Fondo Monetario Internazionale nel
documento diffuso questa notte. "La ripresa continua a un ritmo
più debole del previsto a fronte del rallentamento dei mercati
emergenti, che pesa sulla crescita globale e sulle esportazioni
dell'area euro", ha spiegato Draghi, sottolineando come la
revisione al ribasso delle previsioni sia strettamente legato
alla "più debole domanda esterna". E al centro della
preoccupazione di tutti gli operatori c'è ovviamente Pechino,
invitata da Draghi a proseguire con riforme che rendano il
tasso di cambio dello yuan più suscettibile alle dinamiche di
mercato. Al momento, ha concluso il presidente della Bce,
sebbene non si presentino ancora rischi per la stabilità
finanziaria, la crisi cinese sta avendo effetti tangibili sulla
fiducia e sui volumi del commercio internazionale.