Appello in difesa delle banche popolari Il decreto popolari desta forti perplessità nella forma e nella sostanza perché muove in direzione contraria a quanto suggerito da gran parte della letteratura bancaria negli ultimi anni. Tale letteratura non identifica alcuna correlazione tra rischiosità di una banca e voto capitario e tra capitalizzazione di una banca e voto capitario. Come è noto, la maggiore o minore rischiosità di una banca dipende da fattori quali volatilità degli utili, diversificazione del portafoglio crediti, stabilità della raccolta fondi, facilità di reperire capitali in momenti di crisi, leva bancaria cruda. Su molti di questi indicatori le banche a voto capitario non vanno affatto peggio delle banche Spa. Ad esempio, Hesse e Cihak (2007) al Fmi e International Labour Office (2013) rilevano la maggiore stabilità delle banche cooperative nel confronto internazionale, cosa che in Italia vale per le popolari (Bongini e Ferri, 2007); per l’Europa, Ferri e altri (2013 e 2014) mostrano, rispettivamente, che le banche cooperative né prima né con la crisi performano peggio delle Spa e che dal 2007 Fitch e Moody’s hanno ridotto i rating alle cooperative meno che alle Spa. De Jonghe e O.ztekin (2015) trovano infine che, nonostante il minore accesso ai capitali esterni, la capitalizzazione delle banche cooperative non e inferiore alle Spa. E mantenere la diversità nelle forme organizzative (cioè la coesistenza di banche for-profit e banche orientate ai soci) è cruciale per preservare servizi finanziari ben funzionanti e inclusivi (Bulbul e altri, 2013; Michie e Oughton 2013). Inoltre, dovrebbe preoccupare il fatto rilevato in una recente audizione alla Commissione Europea che alcune grandi banche sono tornate ad avere rapporti tra debito e capitale proprio (fino a 50) superiore ai livelli pre-crisi che erano attorno a 30 per le quattro grandi banche d’affari americane. Numerosi studi dimostrano inoltre che le banche con voto capitario prestano una quota superiore degli attivi e hanno volatilità degli utili minore delle banche Spa (Ayadi e altri, 2009; Becchetti e altri, 2014). Inoltre, l’offerta di credito delle banche cooperative è meno pro-ciclica, alimenta cioè di meno i boom creditizi che fomentano le bolle finanziarie, e fanno mancare di meno il credito nelle fasi di crisi (Ferri e altri, 2014). Nelle popolari, a prescindere dalla dimensione della singola banca, ciò dipende dalla vocazione al "relationship banking", il modello più adatto a prestare a piccole imprese e famiglie (De Bruyn e Ferri, 2005; 2009). E lavori tra cui il rapporto Liikanen degli esperti Ue e quello dell’Ilo del 2013 indicano che la diversità bancaria e un fattore fondamentale di resilienza dei sistemi. Banche a voto capitario di grandi dimensioni esistono in quasi tutti i paesi del mondo (oltre la soglia degli 8 miliardi di attivo indicata dal governo). Gli esempi europei più rilevanti si trovano in Olanda, Finlandia, Austria, Germania e Francia. Nessuno di questi Paesi sta pensando di abolire il voto capitario. Le banche popolari non hanno registrato performance peggiori della media di sistema negli stress test della Bce. La crisi finanziaria globale e stata soprattutto una crisi di grandi banche Spa che ha portato molti osservatori autorevoli (tra cui Martin Wolff sul Financial Times) a dubitare del fatto che una banca debba essere un’organizzazione dedita alla massimizzazione del valore per gli azionisti, visto che fare credito e attività a basso rendimento ed alto rischio mentre altre sirene come quelle del trading proprietario promettono risultati a breve migliori per gli azionisti, generando però maggiore rischiosità non sempre intercettabile dai radar degli indicatori contabili. È per ridurre tentazioni come questa che Paesi come Stati Uniti, Francia, Germania, Regno Unito e Belgio hanno varato misure di separazione tra banca commerciale e banca d’affari in direzione di una nuova "Volcker Rule" piuttosto che privarsi della ricchezza di banche vocate al credito per il territorio. Un esempio interessante da questo punto di vista e il Canada, dove la crisi finanziaria globale non e mai arrivata perché le banche avevano il divieto di trading proprietario e dove il sistema DesJardins di banche a voto capitario si e conquistato sul campo (non con un editto governativo) il 48% della quota di mercato. Noi invece abbiamo deciso di muovere in direzione opposta. Il fine di una banca non e la contendibilità, ma la sua capacita di prestare denaro a imprese e famiglie evitando di mettere a repentaglio i risparmi raccolti. E gli eventi più gravi nel nostro Paese dalla crisi finanziaria in poi (e da quando Tremonti salvo i nostri maggiori gruppi passando dal valore di mercato al valore di libro per i derivati in bilancio) riguardano tutti grandi banche Spa. Per migliorare le banche cooperative e popolari senza snaturarle ci sono molte vie: aumento della quota minima di capitale per singolo socio, voto plurimo, creazione di garanzie di rete come in quasi tutti gli altri Paesi (Austria e Germania in primis), misure sulle modalità di voto, costruzione di liste e limiti di mandato. Con il decreto popolari è in discussione un caposaldo della democrazia economica: la possibilità di una comunità di darsi un’organizzazione economica solidale, mutualistica e di non vedere questo orientamento cancellato per legge dall’alto. Nessuno ritiene un modello di banca superiore ad un altro, e siamo convinti che la banca Spa renda un servizio prezioso al Paese. Il principio della biodiversità stabilisce però che il sistema finanziario, come ogni ecosistema, ha bisogno di modelli diversi che assolvono diverse funzioni, lasciando decidere al mercato quale sistema debba essere più o meno diffuso. Breve bibliografia J.L. Arcand, E. Berkes, U. Panizza. Too Much Finance? IMF Working Paper No. 12/161. SSRN: http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2127541, June 2012. R. Ayadi, E. Arbak, S. Carbó Valverde, F. Rodriguez Fernandez, and R.H. Schmidt. Investigating Diversity in the Banking Sector in Europe: The Performance and Role of Savings Banks. Brussels: Centre for European Policy Studies, 2009. L. Becchetti, R. Ciciretti, A. Paolantonio. Is There a Cooperative Bank Difference? AICCON CEIS working paper n.313, 2014. P. Bongini, G. Ferri. Governance, Diversification and Performance: The Case of Italy’s Banche Popolari. Paper given at the meeting on Corporate Governance in Financial Institutions, organized by SUERF and the Central Bank of Cyprus, Nicosia, 2007. D. Bülbül, R.H. Schmidt, U. Schüwer. Savings Banks and Cooperative Banks in Europe. SAFE Policy Center, Goethe University, White Paper Series 5, 2013. R. De Bruyn, G. Ferri. Le Banche Popolari nel localismo dell'economia italiana. Edicred, 2005. Banche Popolari: importanti per l’economia italiana e modello in Europa. Edicred, 2009. O. De Jonghe, Ö. Öztekin. Bank capital management: International evidence, Journal of Financial Intermediation, 2015. G. Ferri, P. Kalmi, E. Kerola. Organizational Structure and Exposure to Crisis Among European Banks: Evidence from Rating Changes. Journal of Entrepreneurial and Organizational Diversity, Special Issue on Cooperative Banks, 3(1): 35-55, 2014a. G. Ferri, P. Kalmi, E. Kerola. Does bank ownership affect lending behavior? Evidence from the Euro area. Journal of Banking & Finance, 48: 194–209, 2014b. G. Ferri, P. Kalmi, E. Kerola. Governance and performance: Reassessing the pre-crisis situation of European Banks. In S. Goglio, Y. Alexopoulos (eds.) Financial cooperatives and local development. Abingdon, UK: Routledge: 37-54, 2013. H. Hesse, M. Cihák. Cooperative Banks and Financial Stability. IMF Working Paper No. 07/2. SSRN: http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=956767, January 2007. International Labour Office. Resilience in a downturn: The power of financial cooperatives. 2013. J. Michie, C. Oughton. Measuring Diversity in Finan- cial Services Markets: A Diversity Index. SOAS, University of London, Centre for Financial and Management Studies Discussion Paper No. 113, 2013. M. Pagano. "Lessons from the European Financial Crisis," CSEF Working Papers 370, 2014. Rapporto Liikanen: clicca qui per leggere L’Inkiesta (clicca): Una riforma sbagliata
Seguono le firme di 163 economisti e accademici: Leonardo Becchetti, Università Tor Vergata Giovanni Ferri, LUMSA Elettra Agliardi, Università di Bologna Pietro Alessandrini, Università Politecnica delle Marche Sergio Alessandrini, Università di Modena e Reggio Emilia Adalgiso Amendola, Università di Salerno Barbara Annichiarico, Università di Roma Tor Vergata Alessandro Arrighetti, Università di Parma Massimo Arnone, CNR Pierfrancesco Asso, Università di Palermo Alberto Baccini, Università di Siena Francesca Barigozzi, Università di Bologna Simona Beretta, Università Cattolica di Milano Salvatore Biasco, Università Roma Tre Bernardo Bortolotti, Università Bocconi Carlo Borzaga, Università di Trento Alberto Brugnoli, Università di Betgamo Luigino Bruni, LUMSA Rosa Capolupo, Università di Bari Riccardo Cappellin, Università di Roma Tor Vergata Michele Capriati, Università di Bari Enrica Carbone, Università Napoli Giuseppe Celi, Università di Foggia Roberto Cellini, Università di Catania 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Alessandro Flamini, Università di Pavia Maurizio Franzini, Uniroma 1 Mauro Gallegati, , Università Politecnica delle Marche Carlo Galli, Università di Bologna Luisa Giallonardo, Università dell’Aquila Giuseppina Gianfreda, Università di Viterbo Adriano Giannola, Università di Napoli Enrico Giovannetti, Università di Modena Giulio Guarini, Università della Tuscia Marinetta Intonti, Università di Bari Punziana Lacitignola, Università di Bari Andrea Leonardi, Università di Trento Riccardo Leoni, Università di Bergamo Antonio Lopes, Università di Napoli Juan Lopez, Federcasse Arturo Lorenzoni, Università di Padova Giuseppe Lubrano Lavadera Università di Salerno Tommaso Luzzati, Università di Pisa Mario Maggioni, Università Cattolica di Milano Antonio Magliulo, UNINT Barbara Martini, Università di Tor Vergata Elisabetta Marzano, Università di Napoli Partenope Fabrizio Mattesini, Università di Roma Tor Vergata Valentina Meliciani, Università di Teramo Maria Pia Mendola Università Milano Bicocca Carlo Migliardo, Università di Messina Loredana Mirra, Uniroma 2 Salvatore Monni, Università di Roma 3 Cristina Montesi, Università di Perugia Pierangelo Mori, Università di Firenze Beniamino Moro, Università di Cagliari Piergiuseppe Morone, Uniroma 1 Andrea Morrison, Utrecht University & Crios-Bocconi University Michele Mosca, Università di Napoli Pierluigi Murro, LUMSA Vera Negri Zamagni, Università di Bologna Alberto Niccoli, Università Politecnica delle Marche Raimondello Orsini, Università di Forlì Francesco Osculati, Università di Pavia Ugo Pagano, Università di Siena Ruggero Paladini, Università di Roma Sapienza Luca Papi, Università Politecnica delle Marche Paola Parravicini, Università di Milano Gianfranco Pasquino, Università di Bologna Francesco Pastore, Seconda Università di Napoli Pasquale Pazienza, Università di Foggia Alessandra Pelloni, Università Roma Tor Vergata Vito Peragine, Università di Bari Marco Percoco, Università Bocconi Anna Pettini, Università di 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di Parma Marcello Signorelli, Università di Perugia Federica Sist, LUMSA Stefano Solari, Università di Padova Federico Spandonaro, Università di Roma Tor Vergata Alessandro Sterlacchini, Università Politecnica delle Marche Elisabetta Strazzera, Università di Cagliari Roberto Tamborini, Università di Trento Piero Tani, Università di Firenze Renata Targetti Lenti, Università di Pavia Giovanni Tondini, Università di Verona Ermanno Tortia, Università di Trento Pasquale Tridico, Università di Roma Tre Nadia Urbinati, Columbia University (Political Sciences) Andrea Vaona, Università di Verona Vincenzo Vecchione, Università di Foggia Achille Vernizzi, Università di Milano Federica Viganò, Università di Bolzano Alberto Zazzaro, Università Politecnica delle Marche Stefano Zamagni, Università di Bologna Fabrizio Mattesini Università Tor Vergata Elena Cefis, Università di Bergamo Maurizio Pugno, Università di Cassino Massimo Florio, Università di Milano Vittorio Pelligra, Università di Cagliari 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