Una piattaforma per l'idrogeno rinnovabile di Engie vicino Parigi - Reuters
Non c’è alcun conflitto tra transizione ecologica e sviluppo: anzi, l’economia “verde” può garantire opportunità interessati alle imprese e creare posti di lavoro, contribuendo anche a ridurre le disuguaglianze, soprattutto se supportata da politiche pubbliche adeguate. E’ questo uno degli assunti ricavati da uno studio del Centro ricerche Enrico Fermi (Cref), che colloca anche l’Italia tra i primi cinque Paesi in Europa per competitività tecnologica verde. Presentata al Cnel nel corso di un evento organizzato dal Cref, dall’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna e dal Forum Disuguaglianze e Diversità, la ricerca nasce dall’attenzione che il centro di studi ha dedicato negli ultimi anni alle Green Technologies, che oltre a rappresentare un importante strumento per il contenimento e la riduzione delle emissioni di gas a effetto serra, sono anche un’importante opportunità per il rilancio di interi comparti economici.
Studiando i profili di specializzazione e i vantaggi comparati nell’attività brevettuale, è stato possibile sviluppare la Green Technological Fitness, una misura della competitività verde e delle capacità dei sistemi di innovazione nazionali e regionali. La ricerca del Cref si concentra geograficamente sull’Europa 28+ (Ue con Regno Unito e Macedonia, Montenegro, Norvegia, Svizzera, Turchia) e sul periodo 2000-2016, particolarmente significativo per la produzione di brevetti verdi in Europa. Infatti circa il 30% delle innovazioni verdi mondiali sono state sviluppate in Europa in quegli anni. Dal punto di vista della quantità dei brevetti green presentati, l’Italia nel 2016 è quarta a pari merito con la Spagna con il 4% (nel 2000 era al 3%). Guida la classifica la Germania con il 46% (scesa dal 56%), al secondo posto la Francia con il 17% (che raddoppia dall’8% del 2000) e al terzo posto il Regno Unito con il 9% (dall’8% del 2000). Per quanto riguarda invece la Green Technological Fitness, nell’ambito dell’Europa 28+, nel 2016 si osserva una graduale crescita di competitività dei Paesi dell’Europa del Sud e dell’est. In particolare, l’Italia è quinta dopo Germania, Inghilterra, Francia e Austria.
Dalla ricerca emerge inoltre che la relazione tra disuguaglianze di reddito e la Green Technological Fitness dei Paesi è negativa e significativa perché l’alta disuguaglianza è associata a costi più alti e all’incertezza nello sviluppo di nuove tecnologie e capacità verdi. Secondo Andrea Roventini, economista e docente presso l’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna, la transizione ecologica oltre a offrire opportunità di crescita alle imprese può creare nuovi posti lavoro con migliori retribuzioni nel settore elettrico e nell’industria manifatturiera legata alle rinnovabili. “La ricerca del Cref mostra che la trasformazione verde è già un processo in atto, in Italia e in Europa, e non è in conflitto con lo sviluppo: giustizia sociale e ambientale possono marciare insieme”, sottolinea Fabrizio Barca, Co-coordinatore del Forum Disuguaglianze e Diversità.
La capacità tecnologica verde italiana, nel 2016, si è concentrata su invenzioni relative alle tecnologie in quattro macrosettori chiave: riduzione dei gas serra nel comparto energetico (31%), mitigazione del cambiamento climatico nei trasporti (19%), nell’edilizia (15%) e nella produzione di beni (15%). Guardando dentro ai macro settori chiave si scopre che, per quanto riguarda l’ambito energetico l’Italia tocca il picco del numero di brevetti depositati rispetto alla generazione di energia da fonti rinnovabili (18,8%) e nella classe delle tecnologie con potenziale per la mitigazione delle emissioni di gas serra (7%), come nelle batterie e nei sistemi di stoccaggio dell’idrogeno e dell’energia termica, e mostra vantaggi comparati in entrambe. Per quanto riguarda la mitigazione del cambiamento climatico nei trasporti, una delle classi più rappresentate è quella relativa ai trasporti su gomma (16,4%), tra cui figurano tecnologie per batterie, veicoli elettrici e ibridi, per migliorare l’efficienza nei veicoli con motore a scoppio e per l’uso di carburanti alternativi. Tra le regioni, al primo posto per numero di brevetti green c’è la Lombardia (che era prima anche nel 2000), seguita da Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto.
La ricerca del Cref mostra infine che il cambiamento tecnologico è sempre il risultato di un lungo e graduale processo. E che la capacità tecnologica verde è influenzata da quella non verde. Secondo gli esperti, assumono dunque grande rilievo le politiche pubbliche, come strumento per realizzare e per sviluppare le capacità potenziali. Roventini ha evidenziato la necessità di politiche industriali verdi per la crescita sostenibile come ad esempio l’elettrificazione su larga scala dell’economia e con investimenti massicci in energie rinnovabili, che dovranno coprire il 90% del fabbisogno elettrico nazionale nel 2050. Secondo Maria Enrica Virgillito, docente in Economia presso l’Istituto di Economia della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, “serve una politica fortemente attenta ai luoghi, e che focalizzi l’attenzione sui luoghi abbandonati che devono diventare oggetto di battaglie ambientali e della transizione verde”.