lunedì 31 dicembre 2018
Le mosse industriali per il 2019: dopo Volkswagen con Ford, anche Mercedes con Bmw. E a Fiat-Chrysler rischia di rimanere un ruolo marginale
Il presidente di Daimler-Mercedes, Dieter Zetsche, che lascerà l’incarico nel corso del 2019

Il presidente di Daimler-Mercedes, Dieter Zetsche, che lascerà l’incarico nel corso del 2019

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L’arresto di Rupert Stadler (Audi), coda velenosa del dieselgate. La scomparsa di Sergio Marchionne (Fiat-Chrysler), il manager più brillante. Le manette intorno ai polsi di Charlos Ghosn, l’uomo alla guida del Gruppo Renault-Nissan-Mitsubishi che produce in assoluto più vetture, e la cui uscita di scena potrebbe ribaltare gli equilibri tra i tre marchi dell’Alleanza. Più che un anno difficile, quello che si sta concludendo per l’automobile è un anno drammatico. Scandali giudiziari, lutti, acquisizioni, cessioni, cambi di strategie e nuove normative hanno sconvolto il settore, minato da scenari di mercato tornati foschi dopo la risalita post-crisi degli ultimi anni.

In termini numerici nel 2018 l’industria automobilistica tedesca ha perso il primato mondiale, consegnando lo scettro ai costruttori giapponesi, complice gli effetti del dieselgate, ma non solo. Un recente rapporto della società di consulenza Ernst & Young sottolinea che nel risultato influiscono non poco le difficoltà globali del settore, come dimostrato dai tagli occupazionali in casa General Motors. E che i profitti globali dei 16 maggiori colossi dell’auto sono calati del 3,3%, con il margine medio che scende al 5,3% fermandosi al livello più basso dai tempi della crisi finanziaria.

I gruppi asiatici hanno visto crescere la loro redditività e parallelamente i tedeschi hanno perduto in slancio, ma nessuno come la Germania immette forze e denaro nel futuro delle quattro ruote: 44 miliardi di euro nei prossimi 5 anni da parte di Volkswagen, mentre Daimler ha stanziato 23 miliardi di dollari da qui al 2030 solo per le batterie per la sua flotta a zero emissioni che avrà il marchio EQ. Per quanto riguarda le prospettive globali del mercato invece, spiegano ancora gli analisti, le vendite sono previste in calo sia negli Usa che in Cina, e certo non aiuta la possibilità di un’ulteriore escalation nel conflitto commerciale tra Washington e Pechino, che avrebbe come effetto quello di rallentare ancora di più la voglia d’acquisto.

L’anno che va a iniziare sarà segnato da due grandi temi. Da una parte la corsa alla produzione di batterie e nuove tecnologie per la mobilità elettrificata che permettano di allentare l’egemonia delle aziende asiatiche. Dall’altra, le alleanze che si stanno consolidando. La necessità di unire le forze per non essere fagocitati da un mercato pesantemente condizionato dalle regole sempre più severe sulle emissioni che comportano investimenti mostruosi per i costruttori, ha già portato all’accordo strategico tra Volkswagen e Ford. Il marchio statunitense rafforzerà così la sua posizione in Europa, mentre i tedeschi vorrebbero costruire un secondo impianto di assemblaggio negli Stati Uniti, e usare le capacità produttive di Ford tanto per il mercato europeo quanto per quello americano.

Ma anche due rivali storiche come Daimler, proprietaria di Mercedes, e BMW stanno unendo le forze per realizzare piattaforme per i veicoli, per le batterie e la tecnologia per la guida autonoma. I due colossi hanno già unito i rispettivi brand di car-sharing (Car2Go e DriveNow), per creare un’unica piattaforma di mobilità condivisa che li renderà padroni di questo tipo di mercato. L’ulteriore accordo in tema di tecnologia elettrificata potrebbe provocare grandi cambiamenti anche a livello generale, perché di fatto BMW e Mercedes puntano alla stessa tipologia di clienti. Entrambe hanno recentemente ridotto sensibilmente gli obiettivi di profitto per il 2018, giustificandoli con le tensioni commerciali e i crescenti investimenti necessari per lo sviluppo. L’obiettivo principale ora (e non solo per loro) è l’auto elettrica: Daimler - che dopo 13 anni di presidenza, nel corso del 2019 saluterà il suo capo carismatico Dieter Zetsche, sostituito da Ola Kallenius - aggiungerà 10 veicoli elettrici nei prossimi quattro anni, mentre BMW, entro il 2025, offrirà 12 modelli a batteria.

In tutta questa spartizione tra giganti, la posizione di Fca (con l’eccezione di Jeep) appare sempre più ai margini delle nuove cartine dell’industria automobilistica. Evaporata con la scomparsa di Marchionne anche la sua testarda e inutile speranza di trovare un forte partner strategico, Fiat-Chrysler orgogliosamente convinta di poter correre da sola ha da poco definito il budget - 5 miliardi di euro - per il nostro Paese. Nei prossimi mesi, quando il progetto illustrato da Manley e Gorlier ai sindacati prenderà forma, si capirà la sua reale consistenza negli equilibri territoriali per l’Italia. Che comunque per il Gruppo conta solo meno del 10% nei volumi di fatturato e di occupazione. Anche qui il vero nodo del piano annunciato è l’elettrificazione e la criticità è il gap tecnologico strutturale rispetto ai concorrenti di un Gruppo che ha appena venduto Magneti Marelli, un gioiello in questo campo. E che nel 2019 potrebbe cedere anche Comau, ossia i macchinari più sofisticati di famiglia.

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