È probabile che non si commettano gli errori del passato, ma il rischio di una nuova forte crisi alimentare c’è tutto. È la sintesi dell’allarme lanciato dalla Fao a seguito delle statistiche sull’andamento dei prezzi di luglio delle principali materie prime alimentari. Un allarme serio, tanto da far chiedere ad Oxfam, nuove e immediate politiche alimentari.I dati sono semplici. L’indice Fao sui prezzi dei prodotti alimentari mostra a luglio un’accelerazione del 6% e potrebbe continuare a surriscaldarsi nei prossimi mesi. Da qui l’allarme sul rischio di un’emergenza simile a quella del 2007/2008. A concorrere allo scatenarsi della crisi, potrebbero essere vari fattori. Fao parla, per esempio, delle «restrizioni alle esportazioni dettate da un "rally" delle quotazioni cerealicole su cui incombe il rischio siccità». Ma potrebbe esserci anche l’effetto della combinazione di caro-greggio, l’aumento nell’utilizzo di biocombustibili, le condizioni climatiche avverse, i derivati sui cereali in forte accelerazione e l’accentuarsi delle politiche restrittive. Esattamente ciò che aveva già provocato i problemi negli anni scorsi.«Esiste il rischio potenziale di una situazione simile a quella del 2007/2008», ha quindi spiegato Abdolreza Abbassian, economista senior e analista Fao per il settore "grain", che tuttavia ha aggiunto: «Si prevede non vengano ripetuti gli errori del passato imponendo una politica sbagliata e intervenendo sul mercato con norme restrittive. Se questo non avverrà la situazione non raggiungerà i livelli di crisi del 2007/2008 ma in caso contrario tutto è possibile».E proprio la crisi precedente sarebbe, secondo molti analisti, alla base dei rischi attuali. Allora, infatti, molti Paesi produttori avevano imposto diverse restrizioni sulle esportazioni nel tentativo di contenere il rincaro dei prezzi sul mercato interno. Si era arrivati a porre il divieto assoluto all’export, al sistema delle quote e a quello della tassazione sulle esportazioni di generi alimentari tra cui riso, mais e frumento.Le restrizioni all’export avevano però ridotto l’offerta sui mercati internazionali innescando un ulteriore rincaro dei prezzi. Tutto senza contare le speculazioni che, per esempio, hanno inciso sulle quotazioni dei cereali.Ma da che cosa è composto il balzo in avanti dell’indice generale dei prezzi? Principalmente dal rialzo dei prezzi delle granaglie e dello zucchero, mentre i prezzi della carne e dei prodotti latteo-caseari non hanno subito forti variazioni. I prezzi cerealicoli hanno registrato a luglio un balzo del 17% su giugno. In luglio si sono deteriorate le prospettive della produzione di mais negli Stati Uniti, causate dai danni della prolungata siccità: una situazione che ha spinto i prezzi del +23%. Ma, ha fatto rilevare la Fao, anche le quotazioni internazionali del grano sono salite del 19%; mentre sembrano essere peggiorate le prospettive nella Federazione Russa, con le aspettative di una domanda stabile di grano sostenute dalla ristrettezza dell’offerta di mais. Stabili, poi, i prezzi internazionali del riso. In crescita anche lo zucchero (+12%), a causa delle piogge premature in Brasile, il più grande esportatore mondiale di questo prodotto. Proprio questa coltura dimostra quanto l’influsso del clima sia ancora forte in agricoltura. A far crescere i prezzi, infatti, sono state anche, spiega la Fao, le preoccupazioni riguardo il ritardo del monsone di India e le scarse piogge in Australia. Situazione contraria, invece, per la carne che ha fatto registrare un Indice Fao in ribasso dell’1,75 – 3 punti rispetto a giugno –, un calo per il terzo mese consecutivo. Il tratto principale, in questo caso, è stata una generale "debolezza" dei mercati (in particolare la produzione suina, ha registrato un calo del 3,6%).È da questi numeri che è scattato-l’allarme di Fao e Oxfam. «Il tempo del cibo a buon mercato è ormai ampiamente superato. Servono azioni concrete per evitare che al miliardo di persone che vivono in uno stato cronico di fame e di manultrizione non se ne aggiungono altri milioni. Il G20 ha gli strumenti per affrontare le cause dell’aumento dei prezzi dei prodotti alimentari, la loro volatilità e l’insicurezza alimentare. Bisogna farlo ora», ha spiegato il portavoce di Oxfam, Colin Roche, che ha concluso: «Si deve invertire il trend dopo decenni di scarsi investimenti nella filiera corta in agricoltura».